La distruzione del paesaggio ligure

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Varazze, 03.07.2007.

PonentevarazzinoNews

La distruzione del paesaggio ligure
Le vie d’Italia – Anno LXV – N. 12 – dicembre 1959

La cementificazione in Liguria è inarrestabile?Siamo in molti a seguire il lento e inarrestabile proliferare di progetti, per completare la cementificazione di quel poco che resta di paesaggio ligure, ancora miracolosamente integro, sopravvissuto alla precedente e poco accorta colata di cemento, che cosଠprofondamente ha trasformato la nostra regione.
Si pensava che certe iniziative non potessero più ripetersi, ci sbagliavamo; molti “appetiti” di costruttori e finanziatori di tutto il nord, e non solo, si sono risvegliati e non vogliono perdere il momento favorevole. I politici non sembrano in grado di poter porre un freno e la situazione rischia di sfuggire ad ogni serio controllo urbanistico, che tenga conto di tutte le variabili che influiscono sui risultati finali.

Questo è quello che pensa chi ci scrive e mantiene con noi aperto un dialogo su queste vicende che ci interessano da vicino. In questo scambio di pensieri e constatazioni è “sbucato” un articolo di una rivista del Touring Club Italiano, Le vie d’Italia, del dicembre 1959, dal titolo decisamente eloquente e diretto: La distruzione del paesaggio ligure. Riportiamo alcuni passaggi significativi, per dimostrare che non riusciamo a fare tesoro delle esperienze passate, e soprattutto a leggere la storia, anche quella più recente, che ha influito e continua a farlo, giorno dopo giorno, sul nostro modo di vivere, nonostante le borie di emancipazione, di elevazione culturale, sociale e civile.

“Questo articolo di Mario Fazio, frutto dei continui viaggi dell’autore lungo la Riviera ligure, analizza i progressi che la spietata speculazione edilizia in due anni ha compiuto sotto il sole della Liguria, tra mare e monte. Non bastando le “tutele” esistenti a contrastare la marcia del cemento armato, tocca al Ministero del Turismo e dello Spettacolo di intervenire, creando organi audaci e forniti di mezzi adeguati che facciano rispettare leggi e buon senso.”

“L’opera di distruzione del paesaggio continua con metodo e con ritmo sempre più rapido. I suoi risultati sono più gravi e più immediatamente visibili nelle regioni dove la ristrettezza delle aree e la concentrazione degli abitati si accompagnano a caratteristiche ambientali profondamente incise; è il caso della Liguria, regione singolarissima avendo una lunghezza di circa 300 chilometri con una profondità  che in certi tratti si riduce a 300 metri, intendendo la profondità  utile a uno sfruttamento edilizio e al tempo stesso ricca di bellezze naturali, unite a un’architettura inconfondibile.”

“Non c’è dunque più un angolo che si salvi: per “valorizzare” turisticamente la Liguria si insiste in una febbrile opera di trasformazione che potrebbe perfino apparire insensata. Già  lo avevamo scritto nei precedenti articoli: nessuno oserebbe affermare che non si debba costruire, ma perché mai costruire in modo cosi contrastante col paesaggio, perché cancellare ogni macchia verde, perché tagliare con furia gli alberi superstiti, perché inondare di cemento le spiagge e le scogliere?”

“Il fenomeno ha due cause principali. Una di ordine economico: la speculazione sulle aree conseguente all’espansione del turismo di massa. L’altra di ordine morale assai più complesso: mancano talvolta nelle autorità  locali, provinciali e regionali la sensibilità  e la preparazione, e mancano, soprattutto, i mezzi – non legali ma pratici – per fronteggiare l’attività  dei costruttori, per armonizzarla con le caratteristiche fondamentali del paesaggio e dell’architettura regionale. La speculazione è talmente spontanea e vigorosa da potersi dire irrefrenabile.”

“Le lamentazioni degli amanti del bello, di chi vorrebbe conservare inalterata la Riviera, cadono nel vuoto, soffocate da più convincenti ragioni economiche. Sarebbe sterile e vano insistere per il blocco delle costruzioni; l’equivoco che ha finora svuotato di efficacia la lotta per la difesa del paesaggio, sta proprio in questo: non si devono combattere genericamente i costruttori, ma si deve fare il possibile perché le loro costruzioni sorgano in armonia col paesaggio, senza offendere il quadro ambientale ben definito da secoli.”

“In realtà , nei luoghi più favorevoli alla cementificazione, si scivolò presto verso pratiche costruttive per le quali non aveva più nemmeno senso parlare di una possibile armonizzazione con il paesaggio, tanto uniformi, massicce, dilaganti si erano fatte le volumetrie edificate. Il comprensorio di Pietra-Loano-Borghetto, costituisce senza dubbio il caso più drammatico di tale degenerazione.”

“Siamo di fronte a un problema regionale che aggrava e complica quello generale della distruzione del paesaggio. Noi difensori del paesaggio non abbiamo certamente l’autorità  per giudicare le opere in senso assoluto; ma possiamo osservare come tali opere, anche quando si tratti di pregevoli saggi di architettura contemporanea (assai rari per la verità ), fanno a pugni col paesaggio.”

“Tale concetto fondamentale dovrebbe essere sempre presente nelle autorità  che tutelano la bellezza della Liguria. Purtroppo, accade che tali autorità  giudichino invece i progetti facendo astrazione dal quadro locale, sottovalutando l’importanza di elementi classicamente liguri, come i tetti di ardesia, le facciate in rosso genovese, i balconi in ferro battuto o in legno, le finestre verticale con persiane verdi, le fasce orizzontali in bianco e nero, le passiere in mattoni, e murature in pietra locale, grigio-azzurro o ocra. Altrettanto per la vegetazione: non si può sostituire una macchia di pini marittimi o di pini di Aleppo con una fila di alberelli d’importazione; un maestoso carrubo con un minuscolo oleandro. Peggio ancora con un palo in cemento, com’è uso ovunque.”

“La chiave del problema è tutta qui: si costruisce talvolta egregiamente, ma non tenendo conto del paesaggio e dei caratteri regionali. Abbiamo letto attentamente i regolamenti edilizi delle cittadine liguri: si pongono vincoli dettagliati alle altezze degli edifici, ai rapporti fra altezza e area disponibile, ma non si impone l’uso di materiali e di colori caratteristici, né si vieta quello di materiali e colori stridenti, come certe piastrelle in ceramica, come certi rivestimenti blu, gialli, rossi e verdi, zabaglione e violetto, addirittura neri e verdi.”

“Come accennato sopra, l’evolversi successivo della situazione dà  oggi l’idea che non solo sull’aspetto, ma anche sulla struttura stessa degli edifici, le Amministrazioni comunali dovettero agire molto di manica larga.”

“Quello che accadde è la completa copertura di ogni superficie edificabile, a formare un’autentica “città  infinita”, fuori dai centri tradizionali, lungo tutta la costa. Un effetto collaterale particolarmente significativo è, oggi, la pressoché totale assenza di aree residue, destinabili a uso pubblico, sia esso un parco, un parcheggio, una nuova stazione.”

Potremmo continuare, ma riteniamo ci sia già  fin troppo materiale da analizzare, metabolizzare e per aprire una discussione cinquanta anni dopo. Teniamoci in contatto, comunicateci le vostre sensazioni e i pensieri, che leggendo vi frullano per la testa.

Firmato: Il direttivo.

Questo articolo è stato pubblicato il 05 Lug 2007 alle 00:32 ed è archiviato nelle categorie Attualità, NEWS DA VARAZZE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o effettuare un trackback dal tuo sito.

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