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Varazze, 15.05.2022. Home page
Riscoprire il nostro passato –
Varazze: ancora su Villa Cilea
La “questione” Villa Cilea è ancora ferma al palo, in una impasse che rivela da una parte la mancanza di vera volontà decisionale e dall’altra – forse – interessi di parte non chiariti, ma possibili di sospetto.
La vicenda è nota: scaduti i termini del lascito di Rosa Lavarello, vedova Cilea, che donando l’immobile e l’intera proprietà alla S.I.A.E. (Società Italiana Autori ed Editori), ne vincolava esplicitamente l’uso “a favorire l’incremento del patrimonio artistico della nazione” (come da specifico atto notarile) è stata avanzata più volte l’intenzione della S.I.A.E. stessa di alienare in toto i beni, per “fare cassa”. Una parte della proprietà è già stata venduta, quella dove insiste il distributore di benzina; altre trattative sono in corso con privati per la cessione di appartamenti e terreni viciniori che fanno parte della proprietà stessa.
In tutti questi anni la villa è quasi sempre rimasta chiusa, salvo sporadici iniziative di commemorazione del Maestro e di concerti, ma da tempo la dirigenza S.I.A.E. non si mostra disponibile ad un accesso pubblico (anche se limitato nel numero) all’edificio, avanzando non ben specificati problemi di sicurezza.
In buona sostanza, per la S.I.A.E. Villa Cilea è un “peso” di cui essa vuole disfarsi, ricavandone un considerevole guadagno.
E Varazze?
Sta a guardare: l’Amministrazione Comunale ha intrapreso con la S.I.A.E. un confronto di cui nessuno conosce gli esiti; il Consiglio Comunale non è stato coinvolto nella questione; l’opinione pubblica tace, anche perché la maggior parte dei varazzini neppure conosce Villa Cilea e la storia che essa rappresenta per la città e per la musica italiana e internazionale.
C’è stata, è vero, l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio Regionale della Liguria di un ordine del giorno presentato dal consigliere Avv. Alessandro Bozzano (già Sindaco di Varazze) che si conclude con l’affermazione: “Perdere un bene storico e culturale come Villa Cilea farebbe arretrare l’intera Regione, e quindi la Nazione tutta, sotto il profilo della conservazione di luoghi che per loro stessa natura devono essere conservati in quanto direttamente appartenuti alle più importanti personalità del mondo dell’arte e della musica del nostro Paese. Regione Liguria, con l’approvazione all’unanimità di questo atto, si impegna in tal senso”.
Ma, ancora una volta, manca lo “scatto” dalle parole ai fatti, tenendo anche conto che tale ordine del giorno, presentato nel giugno 2021 è stato approvato soltanto nel maggio 2022 (tanto per riaffermare la celerità della macchina burocratica …)
Per “rinfrescare la memoria” e sperare nella possibilità di portare l’argomento in un pubblico dibattito che chiarisca alla cittadinanza lo “stato dell’opera”, ho pensato di trascrivere di seguito la relazione del Direttore della Galleria d’Arte Moderna e delle Raccolte Frugone di Genova, dott.ssa Maria Flora Giubilei, redatta in occasione di un suo sopralluogo nell’ormai già lontano 16 ottobre 2000.
«[…] A “Villa Rosa” o “Villa Gloria”, dal titolo di uno dei lavori del Maestro Cilea diretto da Arturo Toscanini nel 1907 al Teatro della Scala, sono collegate proprietà edificate e quegli appezzamenti di terreno che ancora oggi costituiscono in buona parte le pertinenze della villa padronale secondo le indicazioni delle mappe catastali. Almeno dalla seconda metà dell’Ottocento, essa risulterebbe di proprietà della famiglia Lavarello e la stessa fonte ricorda una villa come “Lavarello già Balbi“: se tale definizione potesse davvero applicarsi a Villa Rosa si potrebbe pensare a una costruzione decisamente più antica dell’edificio.
Di fatto la massiccia struttura architettonica dell’edificio a parallelepipedo con muri portanti poderosi; la presenza di volte e peducci nelle coperture delle sale; tracce, come parrebbe di vedere sotto l’attuale decorazione, di altri colori; l’organizzazione planimetrica con due piani “nobili” e un mezzanino e il salone in posizione centrale; la presenza di un coronamento con stemma dipinto (peraltro senza insegne nobiliari) inducono a ipotizzare una preesistenza forse cinquecentesca, poi ristrutturata, ampliata nelle ali posteriori e ridecorata nella seconda metà dell’Ottocento con rifacimento dei pavimenti in parquet di legno, in piastrelle di marmo bianco bardiglio, in graniglia alla genovese, mentre nella soffitta rimane il mattonato, con l’inserimento di camini in marmo scolpito. Ipotesi che dovrebbero essere suffragate in futuro da una sistematica campagna di analisi diagnostiche e da precise indagini sui materiali edilizi.
Il programma di decorazioni ottocentesche ebbe varie esecutori, più o meno raffinati: senza dubbio quadraturisti differenti per le grottesche che abbelliscono i locali dell’atrio e la scala secondo modalità di gusto neorinascimentale; per le cornici floreali, per i putti e altri motivi che alleggeriscono, con esecuzioni talvolta artigianali, le coperture delle numerose stanze della villa; per le prospettive architettoniche che rimodellano integralmente lo spazio del salone al primo piano aprendo “finestre” su delicati scorci paesaggistici di ville e giardini.
Queste ultime, forse, e senza dubbio le composizioni allegoriche dello stesso salone, un medaglione concepito per “sfondare” illusoriamente il soffitto e catturare il cielo, firmato e datato 1892 con una figurazione dedicata a Venere, dea dell’amore accompagnata da Cupido e della bellezza, di cui rifulge in alto la stella luminosa e della sala da pranzo al piano terreno, un altro medaglione, firmato e datato 1893, dipinto al centro del soffitto le con le figure di Diana cacciatrice, di un ancella e di selvaggina, vennero invece affidati a Luigi De Servi (Lucca 1863- 1945): lo stesso pittore che eseguì sempre nel 1891 – ‘92 alcuni affreschi nella vicina chiesa di Santa Caterina. […] Alla giovanissima Rosa Lavarello, poi, De Servi dedicò nel 1895 un fresco ritratto attualmente conservato, accanto a quello anonimo del Maestro Cilea e ad altri ricordi e fotografie, nello studio del musicista al primo piano della villa.
[…] Si tratta di una villa da tutelare ufficialmente come bene culturale nell’accezione più completa del termine, rispondendo così in pieno alle motivazioni che sostennero e portarono alla donazione: perciò che essa è sotto il profilo architettonico e artistico, ovvero un bell’esempio di villa suburbana di impianto ligure e una delle poche testimonianze oggi rimaste in Liguria delle capacità di frescante del giovane Luigi De Servi. Punto è perciò che rappresenta come testimonianza le vicende storiche, culturali e musicali fra 8 e 900, quando un pezzo di storia della marineria ligure, quella famiglia lavarello, è un brano di storia della musica italiana, con il compositore Francesco Cilea, si intrecciarono indissolubilmente negli spazi della villa che ancora trattengono la suggestione emozionante di quelle atmosfere da vivace salotto intellettuale frequentato da artisti e uomini di cultura – i nomi di Fianchetti, Giordano, Leoncavallo, Orefice, Michetti, D’Annunzio, Sam Benelli e altri ricorrono tra gli spettatori delle rappresentazioni delle sue opere e furono in alcuni casi committenti, in altri pubblicamente sostenitori delle sue musiche – e il rapimento di un paesaggio di mare senza orizzonte che entra con forza nei saloni e nell’assolato studio di Cilea, amato rifugio della maturità e luogo eletto delle sue più belle composizioni musicali.»
Tiziano Franzi
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