Riscoprire il nostro passato – Epidemie a Varazze – Parte seconda_ La Peste

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Varazze, 12.03.2022.                                 Home page

Riscoprire il nostro passato:
Epidemie a Varazze _ La Peste

… (Parte seconda) – Ora (febbraio 2022) in cui si intravvede una possibilità di uscita temporanea (?) dalla pandemia di SARS -Covid-19, mi è sembrato utile ricordare le altre “epidemie” che in passato hanno interessato il territorio di Varazze e, in particolare: peste, lebbra e colera.

LA PESTE A VARAZZE

… (Parte seconda) La peste in Liguria

Tiziano Franzi

L’Ufficio di Sanità e i suoi Magistrati zonali dirigevano un vasto sistema di controllo e contatti, tenuti per il mezzo di residenti che, anche nelle località più lontane potevano, su espresso ordine, far disporre dei blocchi, tenuti da guardie armate, appunto i rastelli, controllare i viaggiatori e le loro patenti o autorizzazioni della Sanità, inibire i traffici e bloccare gli scali commerciali.

Ogni precauzione possibile era dettata dagli effetti devastanti di un male di alta mortalità con dolori e patimenti di vario tipo, vistosamente e terribilmente manifesti nell’esteriorità di una febbre altissima associata a convulsioni e di orribili rigonfiamenti o bubboni sparsi per il corpo: si vocifero che in Genova l’avesse portata, con una borsa piena di panni infetti, un misterioso viaggiatore o che ne fossero stati responsabili gli Spagnoli, reduci dalla Sicilia con Don Giovanni d’Austria, sbarcati a Voltri e con destinazione Milano attraverso la Valle Polcevera (naturalmente la letteratura medica del tempo non rifuggi dalle superstiziose astrazioni teoriche delle perniciose combinazioni astrali, dei venti pestilenziali sino all’abnormità concettuale degli untori che la penna manzoniana riesumò, dalle paure ancestrali degli uomini, in pagine celeberrime per la pestilenza milanese nel 1629-30).

Non fa meraviglia che il primo inter locutore degli Ufficiali intemeli di Sanità fosse il loro residente a Bordighera, che per essere villa marinaresca e approdo per diverse imbarcazioni era sicuramente la più esposta ad accogliere visitatori infetti.

Tra l’inverno del 1579 e l’estate del 1580 il blocco quasi totale dei contatti con l’esterno, e tra gli stessi luoghi del Capitanato, fini col creare gravi stati di tensione per l’assenza di informazioni o per l’esagerazione di dati in qualche modo pervenuti, grazie a messi non sempre oggettivi seppur forniti di lecite patenti di viaggio.

E’ noto che la repubblica di Genova, felicemente risparmiata insieme a Roma ed a Napoli, dalla peste manzoniana del 1630, nel biennio 1656-57 fu colpita e decimata da una probabile «coda» della stessa epidemia. Nella valutazione delle dimensioni e della portata di questa pestilenza non sono però del tutto concordi i contemporanei, e lo sono ancor meno i cronisti tardivi.

Da diverse altre lettere risultano morte circa 4.000 persone nella valle del Polcevera, 1.200 a Nervi, 3.200 a Sampierdarena, circa 6.000 in Sestri Ponente e dintorni, 450 a Recco, 900 in Savona.

Eccone un esempio.

     La peste nel savonese e a Varazze

7 luglio 1657, Genova – Prete Giovanni Francesco Ravara: «Li morti non si possono sapere, nelle fosse di Carbonara se ne seppelliscono mille il giorno, e pure le strade sono seminate di cadaveri, ne sono stati sepolti gran quantità in diverse chiese e particolarmente 2.000 nel pozzo di San Salvatore in Campo Pisano. Crescono li morti e moiono l’operarij che si liberano dal carcere e dalle galere per tale effetto. Per la città poi si vedono passeggiare sani e sospetti e infetti indifferentemente se non che una gran parte portano in mano una bacchetta; gran numero d’infetti ne vanno senza, si che si vedono quasi improvvisamente cader morti per le strade. […] li rimedij scarsi, le spese immense, perché quello che si vendeva a soldi, hora, si vende a scudi; tutte le botteghe sono chiuse, mancano i viveri, le carni, pane ordinario ne habbiamo, di bianco se ne scarseggia, tutte le spetiarie sono chiuse et vuote …. A Savona cresce il male, si dilata per la Riviera […] La città non pare più quella di prima tanto è desolata. […] Per la riviera il male si fa sentire alla gagliarda, da Ponente sono tochi tutti i luoghi sino a Savona, e vi fà gran strage … […] il male, a Savona si mantiene, da che v’è la peste vi sono morte più di 600 persone; si fanno grandi diligenze … un caso che si sente in una casa murano subito le porte con mattoni … […] In Savona, cioè nel suo distretto mancano 900.» – (*1)

Varazze fu coinvolta nelle ripetute epidemie di peste che colpirono la città di Savona e tutto il suo territorio.  Notizie di presenza e diffusione della peste nel savonese si ritrovano nei documenti d’archivio che ne attestano casi nel 451 (la prima di cui si hanno notizie), negli anni 564,590, 1028, 1276, 1348 (quella descritta da Boccaccio nel Decameron), 1373, 1376, 1398, 1424, 1437 e 1438, 1453, 1504 e 1505, 1528, 1579, 1630 e 1631. Quest’ultima epidemia che contagiò gran parte dell’Italia nord occidentale è stata magistralmente descritta da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi” ed interessò anche la Liguria.

Il contagio serpeggiò molto in Piemonte, in Monferrato e in Liguria. Savona, ad un certo momento, si trovò come assediata dall’infezione. Si posero guardie, si allestiranno baraccamenti e lazzaretti, si accaparrarono medici, serventi e farmaci e si innalzarono accorate suppliche alla Madonna di misericordia. La moria parve certa quando abitanti infetti di Alpicella, in quel di Varazze, venuti in Savona per loro negozi morirono tutti al ritorno … […]

La popolazione di Varazze fu colpita in grandissimo numero dalla peste del 1376: nell’ottobre di quell’anno Caterina da Siena, di ritorno dalla corte papale di Avignone, si fermò a Varazze per visitare la patria di Jacopo da Varagine, autore della Legenda Aurea, il libro più conosciuto allora, dopo la Bibbia. Giunta a Varazze, come testimonia Simone Maffeo: “trovò il luogo per la strage che dei suoi habitatori fece la peste, quasi affatto disabitato, talmente che non vi essendo rimasti che ben pochi, onde men però che tutte le case erano disabitate e l’herba cresciuta in su le porte, stentò a trovare chi l’albergasse”.

A lato: Caterina entra nel Borgo di Varazze – nell’interpretazione dell’artista varazzino Roby Ciarlo.

Caterina rimase a Varazze tre giorni e prima di ripartire, con intercessione della Vergine Maria, liberò tutta la popolazione dal contagio.

Ed eccoci all’altra notissima peste del 1657 che in Italia e specialmente in Liguria fece enorme strage […] Fatte grandi disinfezioni in città, nei fossi, nelle concerie, nei macelli, scavati pozzi d’acqua potabile, assicurate grandi riserve di granaglie, legna, fasci, paglia, si preparò un’enorme provvista di aceto, di strumenti chirurgici di tela cerata, di barelle, di letti, di casse da morto, di zucchero per farne conserve di limone e quanto era indispensabile in simili frangenti …. […] Come il contagio crebbe di violenza e diffusione poiché i medici e i flebotomi locali non erano sufficienti, molti ne furono assunti a Genova e altronde. Furono del pari assunti soldati, infermieri, serventi, portatori, becchini. Siccome quel tristissimo stato aveva tarpato industrie e commerci e molta era la miseria, grande alleata alla diffusione del male, così si fecero baraccamenti per i poveri, sovvenendoli di giornalieri ranci, biancheria, panni e vigilati da apposite guardie […] Con diligenze precise si rifiutava l’accesso in città a zingari, girovaghi, religiosi non conosciuti, sospetti, stracci, rifiuti e quelle poche merci che potevansi avere dovevano essere accompagnate a rigorose bollette di garanzia. Il trasporto dei malati e dei cadaveri era accollato ai galeotti, quattro dei quali ogni notte dovevano dormire nel quartiere. Guardie sanitarie vigilavano in porto, ma navi facevano la spola tra Savona e Genova terribilmente infetta e qualche malato riuscì a introdursi in città morendo poco appresso. […]  Eppure tutto fu invano e oltre 1000 fu il bilancio dei morti. – (*2)

Della diffusione della peste in Liguria alla fine del XVIII sec. ci parlano gli storici Scovazzi e Noberasco, che scrivono:

“Si cominciò l’anno del 1798 fra timori ed inquietudini. La mattina del primo dell’anno venne a questa Municipalità lettera da Genova in cui si dicevano che in Corsica eravi la peste, per il che tosto si ordinaron le guardie della Sanità e vi andarono fino alla medesima sera. Il giorno appresso vennero due espressi con lettera che diceva, nella prima, di stare con maggiore attenzione e nella seconda, che, se vi fosse chi fra il giorno e fra la notte approdar volesse senza prender pratica, vi si facesse fuoco e si mantenesse indietro colla forza armata. In seguito di che ordinarono maggior attenzione e vi andarono perfino i Presti e religiosi.

Nel giorno tre ottobre venne espresso lettera da Genova con ordine rigoroso di far prontamente le guardie della Sanità, per essersi manifestata in Livorno la peste, quella stessa che aveva fatta tanta strage nella Spagna. Subito si ordinarono le guardie sino dalla sera stessa.

Fino dal primo di novembre, per ordine del Governo, questo Provveditore aveva ordinato guardie di Sanità per terra, da farsi ai confini della Liguria con il Piemonte. In questi giorni per la città non si parlava che della peste di Livorno e non si sentiva che proclami del Governo riguardanti tale peste.

La Commissione di Genova, munita dal Governo di pieni poteri, proibiva l’entrata nello Stato di persone, generi, robe procedenti da colà, dichiarando pena di fucilazione non tanto a coloro che clandestinamente fossero entrati nello Stato, quanto a quelli che avessero permesso l’entrata nel medesimo.

Il giorno 18, da Nizza di Provenza giunse espresso che si dubitava essere sbarcati in quelle parti degli appestati. Il giorno 19 venne proclamato da Genova, che proibisce l’andar da una Comune all’altra, senza la bolletta di sanità, quale si dava gratis. In Savona un tale proclama produsse uno sconcerto grandissimo, poiché, per la gran parte che giornalmente va e viene da Savona ad Albisola, Celle, Varazze, Stella, Sassello, Valleggia, Quiliano, Vado, Segno e Spotorno, alla Sanità erano in disperazione per dovere fare la bolletta a tanta gente.

Ad Albisola, Sassello, Celle, Varazze, Vado e Quiliano all’entrar delle strade maestre, vi erano sentinelle per vedere se i viandanti avevano la bolletta di Sanità.

          La peste a Genova nel 1656

Essendosi avute buone notizie da Livorno, finalmente, il 18 marzo, verso le ore 22, sullo smontar della guardia, furono levate le guardie della Sanità dalle porte.

Verso la fine del mese di aprile, essendo stati soppressi dalla Commissione di Sanità di Genova tutti ili Commissari che aveva mandato lungo le Riviere, fu richiamato anche quello di Savona”. – (*3)

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Tiziano Franzi

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(*1) Presotto D., Genova 1656-1657. Cronache di una pestilenza, Società Ligure di Storia Patria.
(*2)Noberasco F., Peste e contagi in Savona, estratto da Cronache Savonesi dal n. 7 al n. 10 del 1939-XVII, Savona, tip. italiana.
(*3)  Scovazzi I., Noberasco F., La rivoluzione democratica e l’impero napoleonico a Savona secondo una cronaca contemporanea, Tipografia savonese, Savona, 1929.

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