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Varazze, 20.12.2021. Home page
Riscoprire il nostro passato:
gli ospizi medievali in Varagine
(Seconda Parte) – Nel Medioevo l’ospitalità di viaggiatori, viandanti e bisognosi era affidata a strutture clericali (hospitalia publica) e laiche (hospitalia privata o prophana). I primi – sicuramente più numerosi -, fondati direttamente dalle autorità ecclesiastiche (vescovi, abati, capitoli canonicali, ecc.), rispecchiarono abbastanza fedelmente le strutture organizzative che la Chiesa andava a mano a mano acquisendo e così, dopo gli ospedali diocesani, apparvero quelli monastici e, ancora più tardi, quelli annessi alle pievi rurali e quelli dipendenti da canoniche regolari.
In Varagine ben quattro strutture (tutte ecclesiastiche) furono in parte dedicate nei secoli tra il XI e il XII d.C. a tale accoglienza, svolgendo la funzione di veri e proprio ospizi (dal latino hospes = ospite): san Giacomo in Latronorio (ai piani di san Giacomo tra Cogoleto e Varazze), la chiesa di S. Maria Vergine (o Chiesa del Crocefisso o del Santo Cristo) a Invrea, la cosiddetta chiesa si sant’Ambrogio vecchio [meglio sarebbe dire “antico”] in Varazze e la chiesa di S. Nazario e Celso, sorti a circa sessant’anni di distanza e a circa otto chilometri fra loro.
Nella prima parte sono stati presentate le notizie relative alle prime due strutture.
Terzo luogo di ospitalità – senza dubbio il più importante – è quello che sorge in Varazze sulla collina di Tasca dove ai vescovi Betlemmitani, in fuga dalla Terrasanta, fu donato un edificio religioso ( S. Ambrogio vecchio – meglio sarebbe “antico” -) secondo quanto stabilito nell’atto notarile del 1139 , secondo il quale “il vescovo di Savona Ardizio dà in donazione ad Anselino, vescovo della Santa Chiesa Betlemmitana e ai suoi fratelli e successori, per mezzo del preposto della medesima chiesa betlemmitana, la nostra chiesa eretta in onore di S. Ambrogio, esistente nel luogo di Varagine con tutte le cose alla predetta chiesa spettanti”. L’edificio religioso fu in seguito inglobato nelle mura difensive cittadine del Borgo, erette fra la fine del XIII e l’inizio del XIV se. d. C.
Lasciata quella pieve i Betlemmitani ne costruirono una nuova, di maggiori dimensioni e più vicina all’abitato, probabilmente a inizio 1300, in stile tardo romanico lombardo e con orientamento opposto di 180° rispetto a quello attuale, con abside a ponente e facciata a oriente; di questa resta il “campanin russu”, la cui costruzione risale al 1338.
I Betlemmitani resteranno a Varazze fino al 1424, dove fonderanno l’ospedale o ospizio che ancora oggi porta il nome di S. Maria in Bethlem [che allora era entro la cinta muraria, probabilmente dove ora c’è vico dell’Ospedale che collega via Malocello a piazza G.B. Patrone (Calabraghe)] (*1) la cui gestione fu affidata alla corporazione dei “maestri d’ascia, calafati, carpentieri e falegnami” [allora la più importante fra le corporazioni cittadine], un oratorio con lo stesso nome detto ora di S. Giuseppe, prenderanno parte attiva alla vita pubblica dell’oppidum Varaginis, recando grandi benefici e vantaggi”. (*2)
I Betlemmitani continuarono a garantire ai bisognosi ospitalità e accoglienza anche nella successiva chiesa di s. Ambrogio, costruita più vicina alle vie di transito di mare e di terra e al centro abitato in continua crescita. Tale edificio, costruito in mattoni e a tre navate, secondo lo stile tardo romanico-lombardo, sorse all’inizio del Trecento dove si trova oggi l’attuale chiesa di sant’Ambrogio, con annesso cimitero e ospizio, ma orientato in modo opposto rispetto alla chiesa attuale, con facciata a ponente e abside a levante, secondo le regole dell’architettura ecclesiastica del tempo.
Nel Medioevo le chiese erano generalmente progettate a forma di croce, generalmente latina, con l’abside orientato ad est. L’ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce in modo che i fedeli entrati nell’edificio camminassero verso oriente simboleggiando l’ascesa di Cristo. Le altre chiese principali di Varazze infatti (san Domenico, s. Nazario e Celso e s. Caterina) hanno tale orientamento.
L’ospizio o “spedale” fu costruito poco distante dalla chiesa, probabilmente dove oggi c’è “vico dell’Ospedale”, tra via Malocello e piazza G.B. Patrone (Calabraghe) e la sua gestione fu affidala alla più importante corporazione cittadina, quella dei “maestri d’ascia, calafati, carpentieri e falegnami”.
All’interessante storia delle chiese dedicate a S. Ambrogio a Varazze dedicheremo una prossima puntata di “Riscoprire il nodtro passato”.
Non sappiamo con certezza se il quarto luogo di accoglienza, la chiesa dedicata ai Santi Nazario e Celso, costruita a partire dal 1141 ad opera dei monaci cluniacensi lirinesi (provenienti dalla Francia meridionale), prevedesse un luogo deputato all’ospitalità dei viandanti, ma la tradizione dell’epoca ce lo lascia supporre.
Furono comunque loro, i monaci lirinesi dei ss. Nazario e Celso, ad accogliere nel 1244 papa Innocenzo IV che, in cattive condizioni di salute per un attacco di malaria, transitava da Genova verso Lione per fuggire alle galee e alle truppe dell’imperatore Federico II, che di lì a poco scomunicherà definitivamente.
Seguendo il corso del Teiro e poi del rio Malacqua il papa, trasportato in lettiga per le sue precarie condizioni, raggiunge non senza fatica il castello di Stella. “Subito si comprende che le condizioni del Papa sono molto serie e che la sosta in Stella non potrà essere breve: diciassette giorni si dovrà infatti fermare il Papa nel castello della famiglia Grillo, lottando contro la malattia. Al castello di Stella si ferma soltanto il Papa con i suoi più stretti collaboratori, mentre tutti gli altri ritornano a Varagine per alloggiare ancora nel confortevole e sicuro monastero dei lirinesi, [nel borgo fortificato di Castagnabuona] che dipendeva dal Vescovo di Noli, sicuro alleato e anche persona direttamente legata a Innocenzo IV.” (*3)
Così quattro distinti ordini religiosi, maschili e femminili, (Betlemmitani, Vallombrosiani, Benedettini cistercensi e Benedettini cluniacensi), dando inizio ai loro “ospizi” nell’arco di soli 60 anni e a distanza tra loro di soli 8 chilometri, operarono in Varagine per l’accoglienza degli “stranieri”, a dimostrazione di come l’ospitalità sia radicata da tempo immemore nel DNA dei varazzini.
Sarebbe molto interessante conoscere quali relazioni intercorressero allora tra gli esponenti di quei quattro ordini religiosi differenti, accomunati sì dalla medesima missione di accoglienza, ma come sappiamo dalla Storia, non sempre in ottimi rapporti fra loro. Mentre i due luoghi di accoglienza in Latronorio/Invrea (di cui si è parlato nella prima parte) erano infatti sotto l’influenza della Chiesa di Genova, quello nel centro di Varazze fu fin dai suoi albori esplicitamente donato dal vescovo di Savona ai vescovi Betlemmitani, proprio in contrapposizione ai precedenti, dato che – com’è noto – i rapporti fra Genova e Savona furono sempre molto difficili e di aperta contrapposizione.
Tiziano Franzi
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(*1) – G. Costa, Saggi storici su Varazze, edizioni Sean, Varazze, 1973
(*2) – B.T. Delfino, Varagine, Sabatelli ed., Savona, 1983
(*3) – C. Ruggeri, L’Ordine della Stella 1110-1436, Albatros ed., Roma, 2021