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26 Aprile 2022

Barchi a Varazze nel XIX secolo

PonentevazzinoNews
Varazze, 26.04.2022.                                 Home page

Riscoprire il nostro passato:
Barchi a Varazze nel XIX secolo

Nel 1830 l’eclettico scrittore Davide Bertolotti nella sua opera “Viaggio nella Liguria marittima“, definiva Varazze “Il più gran cantiere della Liguria marittima (…) Que’ corpi di navi che somiglianti a scheletri vedete sostenuti in alto sopra le sabbie del lido, saranno lanciati in mare, forniti di antenne, di vele, di sartie, e di tutto punto finiti.(*1)

A lato: Cartolina con bollo 1886/1887: “barchi” in costruzione sulla spiaggia in centro Varazze.

Vent’anni dopo Stephen Liegeard, funzionario statale francese in pensione e colto letterato, scrisse:
“Varazze ha diritto al titolo di villaggio importante. Cinque o seimila operai si dedicano alla costruzione di navi, dalla stiva fino all’alberatura, dove si innalzi la bandiera. Scafi di ogni misura costellano la spiaggia, e alle loro fiancate c’è un formicolio di gente attiva che taglia, sega, trapana, inchioda, calafata. Varazze è il cantiere navale della Liguria …”(*2)

“Innumerevoli documenti, che in quel tempo erano più diligentemente conservati, provano che in solo settant’anni, cioè tra il 1800 e il 1870, Varazze con i suoi 15 cantieri, aveva dato alle marine di tutto il mondo e alla nascente marina del regno sardo, ben millesettecento navi per la navigazione oceanica, oltre duemila legni per il servizio di piccolo cabotaggio, ed infine imbarcazioni minori” – (*3)

A lato: Litografia di Lorenzo Centurione, che fa parte della raccolta di vedute da “La Riviera Ligure da Genova a Savona, Genova, 1863“.

Il primato di Varazze era favorito non soltanto dall’abilità dei suoi artigiani, ma manche dalla ricchezza di legname di pregio del suo entroterra, nel Sassellese e nell’alta val d’Orba con vaste boscaglie ricche di legno di quercia, materia prima fondamentale “Le tavole di legno di quercia che, al venerdì, venivano acquistate sul mercato locale dai costruttori varazzesi, venivano dunque portate sulla piaggia della cittadina: qui decine di maestri d’ascia a e calafati trascorrevano le loro giornate impegnati nella realizzazione dei bastimenti e dei velieri.” – (*4)

“Non esistendo nell’entroterra strade comunali carrozzabili, il legname, tagliato dai segantini in lunghi assi di legno, superava il crinale che separa la conca appenninica dal mare e giungeva a a Varazze grazie alle leze, rudimentali e caratteristici veicoli trainati da buoi o cavalli, che possedevano al posto delle ruote due pattini incurvati nella parte anteriore.” – (*5)

Il valore degli artigiani navali di Varazze era noto in tutta la Liguria. Mentre i maestri d’ascia si preoccupavano di disegnare la linea degli scafi, delineandone la sagoma e la forma, i calafati, collaboratori diretti dei primi, avevano il compito di rendere galleggiabili le imbarcazioni, impermeabilizzandone le tavole del fasciame riempendone gli interstizi con pece e stoppa. L’opera del calafato è un lavoro difficile e di precisione, tanto che anticamente ci volevano 8 anni di apprendistato per diventare maestro calafato, mentre ne bastavano 5 per diventare maestro d’ascia. Non mancano però tra gli stortici considerazioni meno lusinghiere e più realistiche.

“La dimensione dell’impresa era poi di tipo esclusivamente artigianale, e sarebbe meglio dire paleo artigianale. I cantieri varazzini, così come per la maggior parte di quelli genovesi e liguri, erano costituiti da una struttura industriale minima, installata più che provvisoriamente sulla spiaggia. Valga per tutte questa descrizione pubblicata nel 1868” – (*6):
“… Si mette sullo scafo l’ossatura. Ma non esistono nel cantiere magazzini. Che dico? Non esiste propriamente cantiere, ma solo un tratto di spiaggia, momentaneamente occupato per fare una nave. Siccome in Italia le spiagge sono di proprietà inalienabile dello Stato, così il cantiere, o la cosa a cui si dà questo nome, è concesso per un periodo variabile di tempo, non mai superiore a quindici anni.
Il costruttore, che non è non può essere proprietario del cantiere, non vi installerà giammai magazzini, non erigerà muri di cinta, non farà larghe e convenienti provviste. Indi avviene che l’ordinazione del bastimento deve aspettare il materiale; mentre nei veri cantieri è il materiale che attende la commissione.
Mancando acconci edifici e mura di difesa, il furto è sempre possibile, e la sottrazione del materiale si fa su larga scala. In difetto di stabili adattamenti, il lavoro va sempre soggetto alle peripezie della stagione: impossibile quindi eseguire puntualmente gli obblighi dei contratti e dare all’armatore a giorno fissato il bastimento…” –
(*7)

“Già nel quinquennio 1866-1870, Varazze non poteva più essere considerata in vece il cantiere principale della Liguria, in quanto era stata ormai superata da Sestri Ponente. […]
Agli inizi del XX secolo Varazze continuava ancora a costruire in questo modo.
La sua caratteristica rappresentò l’estremo “canto del cigno” di tutta la produzione velica ligure: nitide fotografie in bianco e nero confermano che ancora nel 1907 dalla spiaggia varazzina venivano varati dei brigantini o golette a tre alberi; velieri dunque, quando già nel resto del mondo industrializzato il vapore stava per essere superato e la vela rappresentava poco meno di un cimelio. […]
La dimensione cantieristica varazzina, la sua storia, la staticità produttiva che la caratterizzò, possono essere comunque esaurientemente illuminate e chiarite soltanto se vengono inserite in un ambito più ampio, che è quello relativo al tardivo superamento della vela in campo nazionale a vantaggio del vapore.” – (*8)

Barchi” in costruzione sulla spiaggia di Varazze, eccezionalmente imbiancata dalla neve, intorno al 1880 Barchi” in costruzione sulla spiaggia del quartiere Mola, poco dopo la realizzazione della linea ferroviaria (1868)

A lato: “Barchi” in costruzione sulla spiaggia in centro, poco dopo la realizzazione della linea ferroviaria (1868) con la vecchia stazione in primo piano e il centro storico sullo sfondo.

A Varazze per tutto il XIX secolo si continuarono a costruire navi di diversa grandezza, ai quali i maestri d’ascia varazzini sapevano conferire doti di solidità, affidabilità ed eleganza che furono tra le più richieste, non solo in Italia. Alcuni “fabricants de navires” di Varazze, trasferitisi in Francia, con le loro capacità e competenze favorirono lo sviluppo dei cantieri di La Rochelle, Le Havre, Biscaglia, Bordeaux e altri.

Varazze appare un centro di irradiazione internazionale, un luogo da cui si diffondono eccellenti manufatti, maestranze esperte, conoscente tecniche di alto livello, capacità organizzative.” – (*9)

Per la sola Liguria a Varazze si produssero in quegli anni centinaia di vascelli per armatori genovesi e imperiesi; peri soli camogliesi, fra il 1816 e il 1875 furono costruite ben cinquecento grandi bastimenti a vela, di cui, nel solo 1875, ben 33 brigantini a palo e 9 altri brigantini-goletta.

«Dopo la fine della Repubblica di Genova (1797), nel corso dell’Ottocento, i costruttori di navi in legn conobbero – ad opera delle nuove autorità competenti – un processo di suddivisione in diverse categorie: i “maestri d’ascia” o “carpentieri”, come operai specializzati o costruttori di piccolissime unità, e i “costruttori navali” di seconda e di prima classe, abilitati rispettivamente a dirigere la costruzione di scafi fino a 50 tonnellate di stazza e al di sopra di tale limite.»

Brigantino a palo Brigantino a goletta

Alcuni proprietari di cantieri navali varazzini, si trasformarono in armatori, con un notevole spirito imprenditoriale che sapeva di poter contare sulla ineguagliabile competenza artigianale dei suoi dipendenti: uno dei principali armatori varazzini furono i fratelli Cerruti, che costruirono navi che percorsero le rotte del Pacifico e dei mari dell’Est, verso la Birmania, le Indie, l’Australia.

“Il più grande armatore varazzino del secolo scorso fu però il camogliese cap. cav. Prospero Lavarello che, per seguire la costruzione dei suoi barchi, si trasferì a Varazze con tutta la famiglia, dove riuscì a costruire fino una nave all’anno. I suoi figli, cap. Giobatta e cap. Giuseppe Lavarello proseguiranno la sua attività armatoriale, tanto che il Governo, nel 1872, concedeva particolari facilitazioni alla Compagnia Lavarello che, con piroscafi di oltre trecento tonnellate a quattro alberi aveva aperto regolari linee passeggeri per il sud America.” – (*10)

Moltissime ed importanti per il tessuto industriale di Varazze furono le imprese collaterali ai cantieri navali che ne costituirono quello che oggi definiamo “indotto”, dando lavoro a tanti varazzini: le fabbriche di cordami o di chiodi, i bozzelli per le carrucole, i fabbricanti di cotonina, gli specializzati addetti ai telai per la tela da vele in canapa (nel 1865 in Varazze ne erano attivi più di quattrocento), i fabbri ferrai che producevano chiodi e catene di varia dimensione.

Ma il progresso tecnologico mise sempre più in ombra i costruttori di navi in legno, favorendo la diffusione esponenziale della costruzione navale in ferro. Questo causò una forte crisi economica in Varazze, dal 1857 in poi, che alimentò il fenomeno dell’emigrazione di “gente di mare” – e non solo – in America, Estremo Oriente e Australia.
Nel periodo tra il 1874 e il 1876, gli emigranti furono 339 e nel 1881, a causa dell’emigrazione, la popolazione di Varazze subì un calo di oltre mille unità.

«A complicare e a peggiorare ulteriormente la situazione, a partire dal 1875, anche i cantieri navali di Varazze, come quelli della Liguria e dell’intero territorio nazionale, entrarono in una profondissima crisi.
Fino ad allora, per secoli, i bastimenti erano stati costruiti in legno; gli artigiani, di generazione in generazione, si erano tramandati le stesse tecniche e conoscenze per realizzare le imbarcazioni di piccola, media e portata.
Nel primi decenni dell’Ottocento avvenne quella che possiamo considerare un’autentica rivoluzione: dapprima nacquero le navi a vela con macchine ausiliarie, poi furono create le navi a vapore con vela sussidiaria; poco dopo, gradualmente, ma in maniera sempre più decisa, le imbarcazioni in ferro e a vapore si imposero e si affermarono nettamente su quelle ormai sorpassate in legno, in virtù della tecnologia più sofisticata con cui erano state realizzate (che permetteva loro, rispetto al passato, di compiere viaggi molto più rapidi e veloci e di trasportare un numero più elevato di passeggeri e una quantità enormemente maggiore di merci). Conseguentemente, ovunque in Europa e nel resto del mondo, le navi in ferro e a vapore surclassarono e sostituirono i vecchi bastimenti e velieri che dovettero quindi cedere loro il passo. […]

Dalla drammatica crisi del 1875 i cantieri di Varazze non riuscirono più a risollevarsi essi cominciarono così irrimediabilmente a scomparire dalle spiagge di Varazze.» – (*11)

E pensare che soltanto pochi anni prima, nel 1869, il decano di Canterburry sir Henry Alford in visita in Italia annotava nel suo diario:
“Dietro una curva si apre la splendida baia di Varazze. Tutta la popolazione…pare trovare la sua occupazione nei cantieri navali; e le forme dei grandi scafi, a diversi stadi di lavorazione, giacciono a dozzine allineati lungo la spiaggia. Forse Varazze è la città più caratteristica di questa parte della Riviera. Le sue strade, a malapena larghe per una carrozza, sono piene di vita ligure. Le sue spiagge risuonano dei martelli dei maestri d’ascia.”

A lato: I Bagni Regina Margherita in una cartolina d’epoca.

          Con il progressivo ridimensionamento dei cantieri navali, fino alla chiusura della maggior parte di essi, si affacciò sulla nostra spiaggia il turismo.

Una patente reale datata dalla Casa di Sua Maestà, Roma 4 luglio 1887, autorizzava Domenico Botta a dare il nome della Sovrana al suo stabilimento balneare, poco più grande di un capannone di legno. Sorsero così i Bagni Regina Margherita, dando inizio a una vocazione turistico ricettiva di primaria importanza che caratterizza ancor oggi la città di Varazze.

Tiziano Franzi

———————–
– (*1) – Ferrari M.E., Per una storia del paesaggio, dell’economia e della società di Varazze nel corso del XIX e agli inizi del XX secolo, in Atti del convegno su G.B. Cerruti, Bozzi ed., Genova, 1987;
– (*2) – Ferrari M.E., ibidem;
– (*3) – Delfino B.T., Varagine, Sabatelli ed., Savona, 1983;
– (*4) – Ferrari M.E., ibidem;
– (*5) – Milazzo G., Varazze nell’Ottocento, in Storia di Varazze, E. Ferrari ed., Varazze, 1999;
– (*6) – Ferrari M.E., ibidem;
– (*7) – Doria G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, Milano, 1973;
– (*8) – Ferrari M.E., ibidem;
– (*9) – Assereto G., in Gatt L. e Ciciliot F., Costruttori e navi, Elio Ferrartis ed., 2004;
– (*10) – Delfino B.T., ibidem;
– (*11) – Milazzo G., ibidem.

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