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Varazze, 8.12.2021. Home page
Riscoprire il nostro passato:
gli ospizi medievali in Varagine
(Prima parte) – Nel Medioevo l’ospitalità di viaggiatori, viandanti e bisognosi era affidata a strutture clericali (hospitalia publica) e laiche (hospitalia privata o prophana). I primi -sicuramente più numerosi -, fondati direttamente dalle autorità ecclesiastiche (vescovi, abati, capitoli canonicali, ecc.), rispecchiarono abbastanza fedelmente le strutture organizzative che la Chiesa andava a mano a mano acquisendo e così, dopo gli ospedali diocesani, apparvero quelli monastici e, ancora più tardi, quelli annessi alle pievi rurali e quelli dipendenti da canoniche regolari.
In Varagine ben quattro strutture (tutte ecclesiastiche) furono in parte dedicate nei secoli tra il XI e il XII d.C. a tale accoglienza, svolgendo la funzione di veri e proprio ospizi (dal latino hospes = ospite): san Giacomo in Latronorio (ai piani di san Giacomo tra Cogoleto e Varazze), la chiesa di S. Maria Vergine (o Chiesa del Crocefisso o del Santo Cristo) a Invrea, la cosiddetta chiesa si sant’Ambrogio vecchio [meglio sarebbe dire “antico”] in Varazze e la chiesa di S. Nazario e Celso, sorti a circa sessant’anni di distanza e a circa otto chilometri fra loro.
Della prima, san Giacomo in Latronorio o in Areneto pochi sono i documenti storici di riferimento. La prima attestazione scritta risale al 1168: il documento, però, non è l’atto di fondazione e quindi si pensa che esso in tale data già esistesse da qualche tempo, in forma di edificazione a scopo agricolo o forse di sorveglianza sul mare, i cui resti risalirebbero all’VIII sec. a.C.
Le fonti riportano che la chiesa con l’attiguo piccolo monastero sarebbe stata costruita per opera dei monaci Vallombrosani (comunità di monaci benedettini che prende il nome dalla località di Vallombrosa vicino a Fiesole, in Toscana) che avevano fondato (1080) il monastero e la chiesa di san Bartolomeo del Fossato a Genova. Si può dunque presumere che la costruzione del complesso di San Giacomo sia da datare entro la prima metà del XII secolo sfruttando i resti di un precedente edificio.
Dedicato a san Giacomo Maggiore, nella sua storia il luogo ha svolto senz’altro la funzione di ricovero e di ospitalità per pellegrini e viandanti per lo più diretti verso Santiago de Compostela, in relazione alla quale trova particolare giustificazione la dedicazione del complesso a san Giacomo.
L’arch. Carlo Leone Forti che diresse i restauri dell’edificio durati dal 1966 al 1970, parla di “eremo ed ospizio lungo l’antica strada romana Emilio Scauro, divenuta forse nel Medioevo uno degli itinerari dei pellegrini che da Genova avevano come loro ultima meta il santuario di san Giacomo di Campostela” (*1).
E ancora: “non importa dove la via dovesse effettivamente passare: i viaggiatori medievali non avevano fretta, e gli ospizi in prossimità degli itinerari cercavano di preferenza una posizione favorevole al tranquillo soggiorno, piuttosto che un luogo purchessia, ma sulla strada.” E in verità per un monastero-ospizio in una zona pericolosa per insidie di ladri e predoni d’ogni genere [da cui Latronorio, appunto, dal latino latro = ladro, malvivente] non si potrebbe pensarne uno più felice di questa nostra piana di san Giacomo che sta in posizione dominante sul mare”.
I pellegrini probabilmente trovavano ospitalità in un “corpo a monte, di pianta pressoché quadrata, oggi quasi totalmente abbattuto […] inserito nell’angolo settentrionale del transetto […] Un grande vano probabilmente su due piani, con il piano terreno coperto da un’ampia crociera con grossi contrafforti esterni” (*2), di cui oggi restano parti delle fondamenta.
Planimetria del complesso di s. Giacomo.
Sono a tratteggio fitto le opere originarie, chiesa e monastero; a tratteggio più rado, in alto, il grande vano quadrilatero [con funzione di ospizio] (*3).
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Sezione nord-sud del complesso, prima dei restauri. A sinistra della chiesa sono visibili le fondamenta del vano destinato a ospizio (*4).
L’indicazione di “Latronorio” con cui in epoca medievale era indicata l’intero territorio tra Varazze e Cogoleto, suggerisce che il monastero di san Giacomo fosse luogo di ricovero anche dei molti viandanti che spesso erano fatti oggetto di assalto e di rapina da parte dei “latrones”, briganti, malviventi e pirati che infestavano la zona.
Meno di trent’anni dopo: “Su lo scorcio del sec. XII la regione Invrea, ancor oggi latamente verzicante di foreste annose, era in parte feudo dei Marchesi dei Bosco e, come denota l’arcaico nome, covo di vagabondi e di delinquenti. La marchesa Maria del Bosco- aveva ampi possedimenti nel varazzese e «donavit anno 1192 a fr. Damiano totum quod habebat in valle al fossatum Latronori, recipienti ad honorem Dei nomine ecclesiae B. M. V. et hospitalis quod ipse faciet edificari” (*5).
Sorge così la chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria o chiesa di S. Maria di Latronorio, nel marchesato degli allora Del Bosco e oggi Invrea. A questa donazione si aggiunge, nella medesima data, quella di altri terreni nella stessa località di proprietà dei marchesi di Ponzone. Così i monaci cistercensi, che già guidavano l’Abazia di Tiglieto, con l’impegno di fra Damiano fecero costruire la chiesa e l’annesso “ospedale per trovatelli e viandanti” (Il secondo luogo di ospitalità del nostro discorso) che furono affidati e gestiti affidati dalle monache cistercensi che vi operarono per molti anni, governate da una badessa e la cui ospitalità fu riservate alle donne e ai trovatelli.
“La Chiesa di mista architettura lombarda è disposta a croce latina o, a essere più precisi a T. Un tempo misurava 28 metri per 8: la crociera è larga metri 18. Danno luce due finestroni a sesto acuto che sostituirono in tempi recenti altre aperture, forse romaniche” (*6). “E’ probabile che il Monastero avesse due piani abitabili, di cui il primo riservato alle suore e all’Ospizio e l’attuale piano nobile e il secondo, più basso, sotto i tetti, servisse alle converse. Dal Convento si accedeva per una scala interna alla Chiesa e precisamente si scendeva nella Cappella del S. Cristo” (*7).
Del monastero di san Giacomo di Latronorio e di quello femminile di Santa Maria, che ebbero nei secoli vita parallela, si hanno notizie fino alla comune soppressione, avvenuta negli stessi anni, intorno al 1530 (*8).
(segue seconda parte)
Tiziano Franzi
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1 C.L. Forti, S. Giacomo di Latronorio o di Areneto. Un fortunato recupero, in Quaderno ligustico n. 171, Genova, 1970.
2 C.L. Forti, ibidem.
3 C.L. Forti, ibidem.
4 C.L. Forti, ibidem.
5 M. Garea, La chiesa di Invrea a Varazze, in Atti e memorie della Società Savonese di storia patria, vol. XXIII, Savona, 1941.
6 M Garea, ibidem.
7 M. Garea, ibidem.
8 L. Vivaldo, Santa Maria di Latronorio all’Invrea di Varazze, in Bollettino ligustico XV, 1963.