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Varazze, 20.08.2018. Home page
Poesia di Mario Traversi sul crollo del ponte Morandi
Doveva essere un ferragosto di festa,
la vacanza sognata da tempo
o qualche momento di rinnovate amicizie
per rompere la monotonia
di un faticoso anno di lavoro
e volare sulle ali gommate della fantasia
verso nuovi paesaggi e nuova gente,
dimenticarsi per qualche giorno o qualche ora
in un dolce e necessario far niente
e ricaricarsi per un altro anno
che li avrebbe aspettati al ritorno.
Invece fu l’ultimo giorno per chi di lì passava,
l’appuntamento con la nera signora
che paziente attendeva
sciogliendo “quei fili” nella tragica ora.
Senza flauti né arpe
la danza crudele delle ore,
ma una musica assordante di ferro e cemento
del gigante in ginocchio che muore
e i gemiti d’innocenti creature
come tremuli note di greche sventure.
Ora tace il ponte,
sfida architettonica che stupiva
per la sua grandiosità
e più non abbraccia le due sponde,
mentre scorre tumultuoso il fiume di parole
alla ricerca di una sofferta verità.
Il greto del Polcevera
è cimitero di corpi e d’illusioni;
quali altre occasioni
per rialzare gli occhi al cielo
per nuove, necessarie e vitali sfide?
Genova ha lacrime di sangue
ma non si arrende al pianto
e sui pilastri disossati del grande ponte
già s’alza un nuovo, forte canto.
DI VITA!
(Mario Traversi)