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26 Maggio 2011

Varazze. 35 anni di alpinismo e ricerca: Fulvio Scotto presso la Biblioteca Comunale

Comitato spontaneo di quartiere “Ponente Varazzino e dintorni

Varazze, 26.05.2011.                                              Home page

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35 anni di alpinismo e ricerca: Fulvio Scotto presso la Biblioteca Comunale

La Sezione di Varazze del Club Alpino Italiano, con il patrocinio del Comune, organizza per le ore 18 di venerdì 27 maggio 2011, presso la Biblioteca Comunale di Varazze, un incontro con Fulvio Scotto, Accademico C.A.I., che parlerà della sua esperienza di alpinista. “Cavalcando l’Orizzonte”, 35 anni di alpinismo e ricerca, è il titolo della serata che ha ottenuto il patrocinio dell’assessorato alla Cultura, e alla quale sono invitati cittadini e ospiti, che potranno intervenire e porre domande al relatore, al termine della sua relazione. Introduzione dell’editore e giornalista Andrea Parodi. Ingresso libero, per un appuntamento da non mancare!

Per meglio inquadrare la competenza e la passione di Scotto per la montagna riportiamo un breve profilo e uno stralcio significativo di un suo scritto relativo ad una sua ormai lontana impresa alpinistica: la risalita invernale a Punta Piacenza, una delle sei punte della Catena Delle Guide, verso il Corno Stella, attraverso la Valle Gesso.

Per meglio inquadrare la competenza e la passione di Scotto per la montagna riportiamo un suo breve profilo.

Sintesi attività alpinistica di Fulvio Scotto. Più di 100 vie nuove sulle Alpi delle quali: una decina aperte in solitaria di cui 1 sulla Parete Nord del Corno Stella; al Monte Bianco una via nuova sull’Aiguille Noire de Peuterey; nelle Alpi Liguri l’apertura della via Diretta allo Scarason. Tra le ripetizioni di vie impegnative: circa 60 ascensioni solitarie tra cui la prima realizzata da un italiano al Diedro Rosso sulla Parete Nord del Corno Stella e varie prime invernali tra cui: la prima di Ge.La.Mo. ancora al Corno Stella. Varie prime salite su cascata soprattutto nel periodo della prima esplorazione delle valli cuneesi negli anni 80 delle grandi classiche dell’alpinismo, tra le più belle si possono ricordare: nelle Alpi Liguri e Marittime: la prima in giornata della via Gogna allo Scarason nell’82. Al Monte Bianco: sulla parete della Brenva la via dello Sperone e la via Mayor; il Pilone Centrale del Freney; la Nord del Pilier d’Angle; le storiche vie di Walter Bonatti al Dru; al Pilastro Rosso del Brouillard; al Gran Capucin; il Supercouloir al Tacul, poi la Parete Nord del Cervino in inverno. Nelle Dolomiti: Il Diedro Casarotto allo Spiz di Lagunaz; Il Philip Flam in Civetta; La Brandler Hasse e la Comici in Lavaredo; Un paio di vie alla Sud della Marmolada; La Biasin Scalet al Sass Maor; ecc …

Tra i riconoscimenti: Dal 1991 Accademico del CAI (per l’attività alpinistica effettuata) e del GISM (il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) per le numerose pubblicazioni. Gli sono stati assegnati: Nel 2001 il “Premio Aquilianum” per la ricerca alpinistica e la conoscenza e valorizzazione del territorio; Nel 2006 il “Premio Alpinistico CAI Bolzaneto” quale alpinista ligure distintosi per meriti alpinistici; Nel 2007 il “Premio d’Alpinismo Paolo Armando” per l’attività alpinistica effettuata di cui in particolare l’apertura di vie nuove. In totale 35 anni di alpinismo e di ricerca … estivo e invernale.

Di seguito proponiamo un significativo stralcio di uno dei sui scritti, quello relativo ad una ormai lontana impresa alpinistica: la risalita invernale a Punta Piacenza, una delle sei punte della Catena Delle Guide, verso il Corno Stella, attraverso la Valle Gesso.

Il fascino dell’alpinismo invernale, soprattutto di quello solitario, è il fascino che scaturisce dalla grande solitudine, dall’ambiente selvaggio ove si è spinti forse dall’egoismo di non essere costretti a dividere con altri le intense sensazioni, le fatiche, le soddisfazioni. Il nome del francese Patrick Bérhault è un marchio di garanzia, e per me un accattivante richiamo alpinistico. La sua Dolce Vita aperta con Jean Gounand nel 1978 sulla Punta Piacenza alla Catena delle Guide è una via che conta poche ripetizioni e soprattutto non è mai stata salita in inverno, né in solitaria…

L’aurora del cinque gennaio 1984 deve ancora dissipare l’oscurità della notte quando ormai, pronto alla partenza, sto per calzare gli sci, presso le ultime case di Tetti Gaina in Valle Gesso. Sci ai piedi mi avvio, sotto il pesante fardello. Non ho ritirato le chiavi del rifugio Bozano, un po’ per guadagnare tempo e un po’ perchè, per vivere più intensamente questa invernale, ho deciso di bivaccare all’attacco della via. Nel sacco ho due corde, ferraglia varia in abbondanza, maniglie jumar, pedule, telo da bivacco, sacco piuma, duvet doppio e quindi fornello, cibarie, borraccia e tutto quel che d’abitudine si porta, macchina fotografica compresa. Già la strada che porta alle Terme sembra non finire mai, più avanti poi il Gias delle Mosche pare l’abbiano spostato più a monte… Il ripido bosco che precede il Gias del Saut è micidiale, poi finalmente compaiono la bastionata della Madre di Dio e l’Argentera. Ma quanto è lontano questo rifugio?

Sotto il sole risalgo il vallone puntando verso la grande parete ovest. Alle quattordici e trenta raggiungo il rifugio Bozano. Il dislivello da Tetti Gaina fin qui è di quasi mille e quattrocento metri e lo sviluppo assai lungo. Vedere il rifugio così, chiuso e in mezzo alla neve, aumenta il senso di solitudine.. Dopo una breve sosta riparto per la vicina bastionata della Catena delle Guide. Quando la pendenza aumenta ed anche con i bilgheri fatico troppo, mi fermo a togliere gli sci e li lascio, conficcati nella neve, presso un masso affiorante …. Salgo per l’imbrattato diedro canale obliquo a destra. Cinquanta metri più in alto mi fermo su un piccolo gradino ove dovrebbe attaccare la via …. Ripulisco il terrazzino dalla neve, pianto alcuni chiodi e vi assicuro il sacco. Mi appronto subito al bivacco e, quando ho terminato i preparativi già il sole sta scendendo dietro le montagne: è l’imbrunire.

Non fa freddo, il termometro si è fermato a meno otto. Mi assicuro ai chiodi e dall’interno del sacco piuma sfornello un brodino bollente a base di neve e dado Knorr, quindi mangio qualcosa. Segue un lungo torpore, un dormiveglia ad intervalli per quattordici ore. Un’infinità di pensieri si succedono nella mente, mentre gli occhi, incantati, cercano nella miriade di punti luminosi della volta celeste, introspettive verità che non sempre sono decifrabili. L’aurora mi sorprende … fuori dal sacco, appena possibile, attacco: è ormai giorno. Spostandomi a sinistra trovo un chiodo…. Mi assicuro sempre. Per tutta la via, salgo, scendo e risalgo come mia abitudine portando il sacco. Le manovre sono lunghe ma vanno eseguite attentamente. Trascorrono le ore, il sole si è ormai alzato nel cielo ed ha quasi intiepidito la roccia.

Quando sono in cima è già pomeriggio, il Corno Stella e la parete ovest dell’Argentera sono in pieno sole. Il tempo incalza e devo buttarmi a corde doppie giù per la parete. Recupero il materiale da bivacco, calzo scarponi e ghette e quasi di corsa raggiungo gli sci. Mentre mi avvio il sole è già scomparso ad occidente dietro le montagne. Con lunghi diagonali mi abbasso gradualmente. Il sacco mi stronca la schiena, e le gambe in perpetua contrazione sono ormai prossime alla paralisi. Mi sento un kamikaze allo sbaraglio. Al Gias del Saut è ormai notte. La discesa del bosco, alla luce della frontale è tragicomica, poi la lunga strada è un Oceano Pacifico. Il lampione che rischiara le case di Tetti Gaina e l’auto sono un miraggio.

La mia avventura avrebbe dovuto concludersi proprio all’auto, ma la vecchia FIAT 127 non vuol saperne di partire e mi tocca spingerla (!) fino a S. Anna … Quando arrivo a Cuneo trovo ancora un bar aperto. Ho nausea e faccio fatica a deglutire e persino a bere: in tutto il giorno non ho ingerito nulla. Un pezzetto per volta ingoio un toast, fissando con occhi allucinati un bicchiere di acqua minerale. Il barista mi scambia certamente per un drogato all’ultimo stadio. Fra cento chilometri c’è il mio letto, ma mi appisolo assai prima a lato della strada nell’ospitale 127, orgoglioso della mia giornata.

Fonte: CAI Varazze

1 commento »

  1. da /Savonanews/ Trentacinque anni di alpinismo e ricerca, Fulvio Scotto si racconta a Varazze [Continua … ]

    Commento by Comitato Ponente Varazzino — 27 Maggio 2011 @ 09:54

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