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Varazze, 15.12.2009.
PonentevarazzinoNews
Incontrare il Natale a Betlemme: riflessione di Lorenzo Grazioli
Da /Il Ponente/ di LORENZO GRAZIOLI GAUTHIER – Pare ormai scontato dire: “restituiteci il Natale”.
Il novecento ha cambiato, nel nostro emisfero, l’essenza vera che tale festa dovrebbe avere per i cristiani e, oso dire, anche per i non cristiani. Non voglio pensare al solito rimprovero contro la deriva consumistica e materialistica, reale quanto ormai superficiale, né alla elencazione dei buoni sentimenti che il Santo Natale dovrebbe rappresentare, un po’ sdolcinata e nemmeno più reale.
È quindi difficile parlare del Natale. Sicuramente ognuno vi associa molti ricordi, i più grandi, dell’infanzia passata, siano essi piacevoli o meno. Vero che nelle famiglie dove vi sono dei bambini può e deve essere momento più bello e forse anche di “crescita”, sia per gli adulti che i più piccini. È sicuramente un periodo che richiama al focolare domestico, la casa dei nonni, la famiglia. Ai credenti ricorda la nascita di Gesù, il Dio che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, per amore.
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv1, 1.14)
Quell’amore che si può riconoscere quanto è più fortemente contrapposto all’odio, quanto può essere richiamato dai luoghi della storia e dalle vicende umane in quella terra che diciamo “Santa”, essere unica in devozione ed odio nel Mondo.
Nel recente viaggio in Israele-Palestina (vedi mio articolo del 10 novembre scorso) abbiamo potuto capire qualcosa di più anche del Santo Natale; anzi, perfino “incontrarlo”.
Le condizioni sembrerebbero tutte contro il Natale: l’uomo, la cui storia non insegna mai abbastanza, costruisce muri per dividere, ingabbiare. Certo ti vengono portate “statistiche” a favore di ciò ma, a memoria l’assenza di libertà non ha educato mai a nulla e qui si parla di esseri umani. Non potrà essere così per sempre e come animali legati ai lacci , per quanto mansueti, non resterà che il malessere e per altri il risentimento.
I Cristiani, per lo più palestinesi, che vivono i quei luoghi sono pochissimi, circa 1% della popolazione e mostrano al mondo la faccia più bella, testimoniano la loro fede autentica, semplice, in comunione famigliare. Accolgono tutti, basti pensare che molti ragazzi mussulmani studiano nelle scuole cristiane. Come mi è stato recentemente chiesto se dialogano? Ma certo, cosa vuol dire dialogare? Si rapportano quotidianamente con istituzioni israeliane e con i loro vicini palestinesi mussulmani , spesso agiscono da intermediari o da “cuscinetto” evitando che ogni quotidiana disputata diventi un scontro tra religioni.
Certo Betlemme è proprio lì, a pochi chilometri da Gerusalemme, ma separata da essa, recisa dal muro, dove sono sempre i bambini e le donne i primi a rimetterci. Proprio in quella zona di Betlemme – Beit – Jala nella Cisgiordania (in tutto 40-50.000 abitanti) nascono più di 5.000 bambini all’anno. Buona parte degli abitanti sono cristiani (unico consistente insediamento rimasto). Poi nel mondo islamico, è vero, la donna non è un essere umano di pari dignità all’uomo, impossibile pensare a figli nati fuori dal matrimonio o matrimoni misti, ci si rimette la vita.
E i bambini ? Quelli nati da situazioni di cui sopra vengono accolti tra le braccia e le cura di tre suore, francesi ed italiane, della San Vincenzo de Paoli . Sono i figli della La Creche (la “culla”). L’orfanotrofio, che è una presenza storica di Betlemme, si è tradizionalmente occupato di accoglienza agli orfani. A partire da circa la metà degli anni ‘80 esso ha cominciato ad ampliare la propria missione, aprendosi ad accogliere i casi sociali di tutte le aree dell’Autorità Palestinese.
Nel corso degli anni La Creche ha avuto un’evoluzione nella qualità dell’assistenza e dell’educazione, cresciute grazie a scelte accurate e lungimiranti operate dalla direzione che ha voluto porre al centro della propria attenzione la presa in cura dei bambini.
Gli spazi sono stati risistemati per creare degli ambienti ampi, gioiosi e accoglienti per i bambini e funzionali per il personale.
Una grande attenzione è stata posta alla preparazione del personale. Affinché i bambini possano avere accanto a loro figure che rimangono costanti nel tempo, la direzione dell’orfanotrofio ha operato la scelta di offrire al proprio personale le migliori condizioni di lavoro, permettendo in tal modo che il personale assunto sia incentivato a rimanere presso La Creche e dando quindi senso di stabilità ai bambini con la propria presenza. Sì certo quel lavoro che manca, che è difficile trovare in pochi chilometri quadrati, dopo la seconda intifada si sta tornando solo ora ad una certa “normalità”.
Un orfanotrofio, per i suoi piccoli ospiti, può essere un luogo che, pur offrendo cure premurose e attente da parte di personale qualificato, lascia i bambini isolati, separati dal mondo esterno. Proprio con l’intenzione di aprire la vita quotidiana dei piccoli a contatti con l’esterno, è stato creato un asilo aperto a tutti i bambini di Betlemme e dei villaggi vicini. Le famiglie lasciano durante la giornata i loro bimbi che svolgono le attività educative e i giochi insieme ai bambini dell’orfanotrofio, permettendo un reciproco scambio di arricchimento e condivisione.
Presso La Creche opera un assistente sociale che si occupa di curare i rapporti con le famiglie, specialmente riguardo ai reinserimenti dei bambini in famiglia e situazioni problematiche. Troviamo inoltre l’ambulatorio delle cure dentistiche, costruito con l’aiuto ed il volontariato anche di molti medici italiani.
Nel corso degli anni sono state attivate proficue relazioni di scambio con le facoltà di pedagogia e di psicologia dell’Università di Betlemme, per favorire lo svolgimento di tirocini, di studi, nonché per valutare diagnosi dei singoli bambini in prospettiva di utili terapie.
Al fine sviluppare tutte le attitudini dei bambini e di stimolarli nel gioco e nell’apprendimento, l’orfanotrofio è stato dotato di numerose strutture quali laboratori, spazi gioco, giardini e anche di una piscina.
Ma è lo sguardo triste, impotente, rassegnato di suor Sophie , che nonostante l’età trova ancora la forza di andare avanti e dirigere questa importante struttura.
L’islam non concepisce l’adozione vera, piena , quella in cui si può dare il proprio nome al bambino; resteranno sempre dei “bastardi”. E questo riempie il cuore di tristezza , in un mondo arabo dove il figlio, soprattutto se maschio, è talmente importante da cambiarti il nome in “Padre e Madre di …”. Poi la prostituzione minorile e l’abbandono così in strada fin da piccolissimi sono all’ordine del giorno.
Ancora là in quella Betlemme Dio sembra rifiutato, sembra non esserci; proprio là dove per noi cristiani Cristo si fece carne. Ma in questo periodo d’avvento, una riflessione.
I primi che ricevettero l’annuncio furono i pastori, gli ultimi, i più semplici. Nel pensiero di Sant’Agostino il tema dell’incarnazione non può essere separato dalla Umiltà. E’ il segno che contraddistingue Cristo sin dal suo apparire nella grotta di Betlemme. Di fronte ad un Dio che si rivela nel segno dell’umiltà, l’uomo non può che spogliarsi di ogni segno di grandezza e di superbia.
Agostino stesso lo ricorda nelle Confessioni (VII, 9, 13), riportando la propria esperienza: “In primo luogo Tu hai voluto farmi vedere come Tu ti opponi ai superbi e largisci la tua grazia agli umili; e con quanta misericordia hai additato agli uomini la via dell’umiltà, dal momento che il tuo Verbo si è fatto carne ed abitò in mezzo agli uomini”. Solo chi segue la via dell’umiltà può riconoscere nel corpo di un bambino il Figlio di Dio.
Insediamenti israeliani che si affondano nella Cisgiordania, spaccando uno stato mai nato, controlli severi terranno Israele in una tensione-sicura ma, il problema che nuoce ad Israele non lo si trova al di la del muro di Betlemme. Quale Città unisce in sé più devozione, fede, culture ed odio di Gerusalemme al mondo? Credo nessuna.
In una sua bellezza abbagliante, in una sua mistica spiritualità, racchiude in sé tutti i sentimenti dell’uomo, non sarà essa vero oggetto di alcune, se non molte, cose che accadono più a oriente …?
È stato l’incontro con le Pietre Vive di quella terra; quanti volte, persone, storie. Non un classico viaggio, né pellegrinaggio, qualcosa di più: una vera “visitazione” alle comunità cristiane, alle famiglie.
L’incontro del Natale.
Cosa ti racconta Betlemme?
Ecco nella casa degli ultimi, piccola, fuori mano, incontrare Natale.
Accoglie giovane ragazze e bambine abbandonate, con problemi fisici. Per quel mondo, ma direi anche per il nostro, proprio le ultime, rifiutate. Parrebbe. Ma al fisico non corrisponde l’animo ed ecco che anche il Santo Natale riesce a sorgere, ogni giorno a Betlemme, quattro ragazze religiose, poco più che ventenni, “regalano” la loro giovane vita a queste bambine, lontane dal nostro tempo dei regali e dei balocchi; l’AMORE pervade l’umile ambiente, e le luci, quelle vere s’accendono … nella grotta.
Nelle foto: 1) Messa di domenica 15 novembre con la comunità di Beit-Jala con cui Varazze è gemellata.
2) il muro tra Betlemme e Gerusalemme
3) Il Vescovo Mons. Vittorio Lupi ed il Sindaco di Varazze Giovanni Delfino, con la delegazione, incontrano suor Sophie alla Creche
Fonte: Il Ponente – LORENZO GRAZIOLI GAUTHIER
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