PonentevazzinoNews
Varazze, 10.07.2009. Home page
Varazze rispetta la direttiva UE sul trattamento dei rifiuti e delle acque reflue?
Il richiamo che l’UE ha fatto all’Italia per la mancata applicazione della direttiva sul trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, ha attirato l’attenzione di alcuni varazzini, che ci hanno contattati, preoccupati per la loro salute.
Gli scarichi di acque reflue urbane non trattate rappresentano la principale fonte di inquinamento ambientale; per questo l’Italia potrebbe essere deferita alla Corte di giustizia europea.
Del problema legato alle discariche illegali, al corretto smaltimento dei rifiuti e soprattutto allo scarico in mare di acque reflue inquinate, ci stiamo interessando da tempo, cercando di sensibilizzare tecnici, politici e cittadini. Il nostro impegno è finalizzato a contenere il possibile diffondersi di batteri dannosi alla salute.
La situazione nella nostra città, per quanto ci risulta, non è tale da dover destare allarme o particolare preoccupazione, certo interventi mirati da fare ce ne sono; i casi di volta in volta individuati li segnaliamo ai responsabili comunali, come giustamente deve fare ogni cittadino, controlliamo e verifichiamo che siano presi provvedimenti, anche se non sempre è possibile intervenire con tempestività.
Continueremo a seguire la problematica segnalata con la massima attenzione e con spirito collaborativo, come siamo certi faranno Funzionari, Tecnici e i Politici eletti ad amministrare la città.
Copia della presente news, oltre ad essere pubblicata su www.ponentevarazzino.com, la invieremo per opportuna conoscenza ai vari responsabili del Comune di Varazze.
Vi ringraziamo per la segnalazione, continuiamo pure ad esercitare il diritto-dovere di verifica e controllo, sempre animati da fattivo spirito collaborativo, nel nostro interesse ed in quello dell’intera collettività.
Da “La Stampa” del 26/6/2009 – DUE ANNI DI RICHIAMI DA BRUXELLES – Acque di scarico, 500 Comuni sono fuorilegge – “L’Italia non difende la salute dei cittadini”. La commissione Ue scrive alla Prestigiacomo. Di Marco Zatterin.
Capri, Ischia, Maratea, Rocella Jonica, Favignana, Tarquinia, Sanremo, Imperia, Porto Rotondo e Gallipoli. Scelti quasi a caso in giro per la penisola, e con un criterio puramente stagionale, ecco dieci degli «oltre 500 comuni» che secondo Bruxelles non rispettano la direttiva Ue sul trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, inadempienza che ieri è valsa all’Italia un nuovo cartellino giallo a dodici stelle. Brutta figura, peccato. In particolare perché discariche illegali e filtri fuori norma possono diffondere nell’ambiente batteri e virus capaci di mettere a rischio la sanità pubblica. Falso allarme? Non per Bruxelles dove, dicono le fonti, «abbiamo prove che sia già successo».
La lista delle città e dei paesi è lunga per quanto non ufficiale: la Commissione Ue non l’ha diffusa perché in qualche caso le informazioni potrebbe essere state superati da fatti. «Non crediamo che ci possano essere sensibili cambiamenti», spiega comunque una fonte vicina al dossier osservando l’elenco circolato nella capitale europea. Se ci sono dei nuovi virtuosi, si è aggiunto, è il caso che si facciano sentire. Il resto del lavoro toccherà a Roma, quasi ferma nei mesi scorsi rispetto alla procedura. «I rischi costituiti dallo smaltimento incontrollato dei rifiuti e dal mancato trattamento delle acque reflue urbane – ha detto il commissario all’Ambiente, Stavros Dimas – sono tra i motivi che hanno portato a norme che garantiscono i più elevati livelli di protezione dei cittadini. Il governo italiano deve agire rapidamente».
Sino ad oggi è sembrato che l’Ue parlasse al muro. Nell’aprile 2007 l’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia Ue che ha constatato l’esistenza di migliaia di discariche illegali e incontrollate. Nessuna reazione. Così nel febbraio 2008 la Commissione ha inviato una prima lettera di avvertimento per non aver ottemperato alle volontà dei togati europei. Qualcosa a quel punto si è mosso, ma non abbastanza. «Il problema continua a essere di vasta portata e interessa quasi tutto il territorio», spiegano a Bruxelles.
Nonostante interventi quale il monitoraggio di alcuni siti, la Commissione s’è convinta che «a due anni dalla sentenza iniziale, questi non sono sufficienti per affrontare la situazione e risolvere un problema sistemico sul lungo termine». Inevitabile l’invio di «un ultimo avvertimento scritto ai sensi dell’articolo 228 del Trattato » al ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Spiega Bruxelles: «A norma della direttiva del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane, i centri abitati con una popolazione superiore ai 10 mila abitanti che scaricano le acque in zone sensibili sotto il profilo ambientale avrebbero dovuto dotarsi di un sistema di raccolta e trattamento che rispetti le più rigorose norme di qualità entro la fine del 1998».
Undici anni più tardi, la Commissione ritiene «oltre 500 località non rispettino tale direttiva». L’Italia ha due mesi per rispondere a quello che tecnicamente si chiama «parere motivato ». Vuol dire che a fine settembre la Commissione potrebbe giocare l’ultima carta che i Trattati le attribuiscono, ovvero chiedere alla Corte di infliggerci una sanzione pecuniaria allo Stato. Nel frattempo, in qualche punto delle coste, i bagnanti saranno sempre potenzialmente in pericolo, anche se l’Ue sottolinea che l’ipotesi di complicazioni per le persone è remota.
A repentaglio soprattutto i mari, poiché una delle minacce più frequenti è la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita. Può accadere un po’ ovunque, anche se nel Mezzogiorno la frequenza dei comuni fuorilegge è superiore rispetto a Liguria, Toscana o Veneto. Il caso, comunque, non riguarda soltanto le zone balneabili. Nel mirino di Bruxelles ci sono anche località lontane chilometri dalle spiagge, Terni per dirne una, ed è la prova che si salvano in pochi.
Per approfondire:
TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE: LA COMMISSIONE EUROPEA INVIA UN PARERE MOTIVATO ALL’ITALIA
Le acque reflue non trattate fuoriuscite dalla rete fognaria sono un rifiuto – Corte di Giustizia UE, sentenza del 10 maggio 2007 (causa C-252/05)