Comitato spontaneo di quartiere “Ponente Varazzino e dintorni“
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Varazze, 25.10.2008.
PonentevarazzinoNews
L’amianto continua a mietere
vittime, e le istituzioni …
Del pericolo costituito dai manufatti realizzati con l’utilizzo di minerali comunemente definiti fibre d’amianto, come:
- lastre ondulate di Eternit, adoperate per ricoprire tetti di case, magazzini e depositi;
- canne fumarie e tubazioni per varie applicazioni;
- fogli per rivestimento e coibentazione;
- cordame e guarnizioni per molteplici utilizzi;
- sfridi di lavorazione macinati e mescolati al cemento e agli intonaci delle case, per aumentare il grado di coibentazione e la resistenza al fuoco;
ne abbiamo ampiamente parlato nei nostri precedenti posti (vedere sommario a piè di pagina per chi vuole approfondire), quello che invece occorre ancora ribadire è quanto poco venga fatto da noi tutti e da chi istituzionalmente preposto a tale compito.
Le fibre di amianto sono oltre mille volte più sottili di un capello e non esiste un limite minimo di rischio al di sotto della quale il rischio è nullo; anche una sola fibra può causare l’infezione come il “mesotelioma” ed altre patologie mortali. Un’esposizione prolungata aumenta sicuramente le probabilità di contrarle la micidiale malattia.
Le ultime notizie di stampa sulla prima sentenza di condanna, dopo tanti anni, e la disponibilità del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, uno dei proprietari della Eternit, a risarcire i familiari delle vittime, hanno nuovamente allarmato più varazzini che, affacciandosi dalla finestra della propria abitazione si trovano di fronte, a pochi metri di distanza, tetti realizzati in lastre ondulate contenenti le fibre incriminate, con vistose macchie scure e tacche, a dimostrazione dei tanti anni di esposizione alle azioni meccaniche e chimiche delle intemperie.
Il pericolo rappresentato dall’eternit è generalmente sottovalutato, se non addirittura ignorato dalla maggior parte dei cittadini, dai pubblici dipendenti e dai politici. Il fatto che il materiale è innocuo fino a quando viene mantenuto in perfette condizioni e che sono state emanate direttive e regole per verifiche e controlli, con disposizioni operative nelle varie fasi di conservazione e manipolazione, sembra abbia appagato tutti, controllati e controllori. Ma cosଠnon è. Controlli e verifiche non sono automatici e spesso limitati alle richieste dell’Ente o del privato.
Stiamo ripetendo l’errore commesso ad inizio anni ottanta, quando già si conosceva la pericolosità di questo minerale ma, sottovalutando le tremende conseguenze, abbiamo continuato a produrre e commercializzare i manufatti, come d’altronde avviene ancora oggi in diversi grandi paesi.
Siamo tutti colpevoli, prima come cittadini che non pretendiamo rispetto per la nostra salute, poi come imprenditori miopi perseguitori del solo profitto, o dipendenti della pubblica amministrazione poco attenti alla specifica problematica, ed ancora come politici non abbastanza impegnati a favorire l’adesione a bonifiche volontarie, incoraggiate sia dalla riduzione dei costi, sia dal rischio di essere sottoposti ai programmati controlli sullo stato di conservazione dei manufatti prima censiti.
Sarebbero auspicati sconti fiscali e una incisiva campagna informativa sui pericoli derivanti dall’inalazione di fibre e polveri d’amianto e come comportarsi per la sua eliminazione e bonifica dei fabbricati e dei locali inquinati, ma soprattutto individuare isole di stoccaggio provvisorio in ambiti comunali consorziati, vigilando poi sul definitivo smaltimento in sicurezza.
Riportiamo gli articoli di stampa all’inizio citati.
Da “Il Secolo XIX“ del 16.10.2008 –Amianto, la Eternit pronta a risarcire le vittime
Il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, uno dei proprietari della Eternit, indagato a Torino per i casi di oltre duemila lavoratori ammalati o morti per il contatto con l’amianto, ha annunciato di essere disposto a risarcire i familiari delle vittime del minerale-killer.
Il magnate elvetico si è detto disposto a versare alcune decine di milioni di euro, attraverso una delle sue società , la Becon Ag. Per Schmidheiny la procura subalpina ha chiesto il rinvio a giudizio, nei giorni scorsi, per disastro doloso in relazione ai tumori accusati dagli ex dipendenti delle filiali di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).
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Da “Il Secolo XIX“ del 16 ottobre 2008 – Amianto, la prima condanna
di Graziano Cetara
Tredici anni dopo la sua morte, ha avuto giustizia Luigi Pizzorno, uno degli impiegati della Telecom ucciso dalle fibre di amianto respirate sul posto di lavoro e precisamente negli uffici del grattacielo dell’azienda telefonica che si alza davanti alla stazione di Genova Brignole. Il giudice ha condannato la ex Sip a pagare un risarcimento complessivo di 320 mila euro alla moglie e alle due figlie dell’ex dipendente, di Varazze (Savona) morto per un mesotelioma pleurico il 13 dicembre del 1995 all’età di 55 anni. Stroncato da un male terribile, dopo un anno e mezzo di sofferenze atroci. Negli ultimi quattro mesi, trascorsi sulla sedia a rotelle, non faceva più effetto nemmeno la morfina.
Il processo è stato seguito di fronte al giudice del lavoro di Genova Maria Ida Scotto, dagli avvocati Vincenzo Paolillo e Christian Moretti, autori di altri ricorsi che presto arriveranno in tribunale. Quello di Pizzorno è il primo caso arrivato a sentenza riguardante uno dei lavoratori della sede genovese di Telecom, grattacielo ora completamente bonificato, che nei lavori di costruzione alla fine degli anni Sessanta fu infarcito di fibre d’amianto a spruzzo per renderlo immune a un eventuale attacco delle fiamme.
Fu una specie di vanto per l’azienda poter inserire questo accorgimento nell’opuscolo in cui si decantavano le caratteristiche della nuova prestigiosa sede nel capoluogo ligure. La pericolosità del minerale era conosciuta dagli inizi del Novecento. Ma solo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, furono resi pubblici gli effetti cancerogeni dell’asbesto, questo tuttavia non ha impedito alle aziende di utilizzarlo data la sua economicità e la sua efficienza nel prevenire i danni derivanti dal fuoco. Per la verità tuttora viene prodotto da Canada, Cina e Russia in quantità rilevanti, due milioni di tonnellate l’anno, nonostante sia considerato pericolosissimo e continui a mietere vittime tra i lavoratori di tutto il mondo.
Solo alla Telecom di Genova, dove negli anni in cui l’amianto era presente nel grattacielo di Brignole hanno operato un migliaio di persone, le vittime da mesotelioma (malattia legata all’esposizione all’amianto) accertate sono per ora cinque. Non è escluso che su questo aspetto possa innestarsi, dopo le prime pronunce del tribunale in sede civile, anche un’inchiesta penale. Il lavoro svolto dai legali della famiglia di Luigi Profumo, gli avvocati Paolillo e Moretti, ha permesso di estendere a un numero consistente di ex lavoratori i benefici della legge sull’amianto, oggetto della clamorosa inchiesta della procura di Genova di cui si parla nel servizio qui sopra. Si tratta di casi anomali nel panorama dei lavoratori a rischio. Non operai, come i lavoratori della siderurgia che storicamente hanno usufruito degli scivoli previdenziali. Ma impiegati dei settori commerciali, la cui inclusione nelle categorie agevolate ha sollevato negli anni non pochi dubbi e l’interesse della stessa magistratura.
Nella sede genovese Telecom la presenza di amianto divenne una emergenza conclamata dal 1987. L’allora Usl, dopo aver fatto immediatamente provvedere all’eliminazione di asbesto dai vani di corsa degli ascensori, indicò la necessità che si provvedesse a una totale bonifica. Questa avvenne tra il 1991 e il 1993 e portò all’eliminazione di 7.610 metri quadrati di amianto (dopo che già una parziale bonifica era stata eseguita in precedenza). Ma non era finita: dopo le due fasi di bonifica, veniva ritrovato materiale caduto in epoche passate e non eliminato; nel ’96 si rese necessario un nuovo intervento.
Il direttivo.