Differenziata e ritiro porta a porta – Giusta reazione frutto di una corretta informazione

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Varazze, 3.06.2008.                                   Home page

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Differenziata e ritiro porta a porta – Giusta reazione frutto di una corretta informazione

Farsi capire o riuscire a capire gli altri non è impresa facile. Il mondo in cui viviamo, sempre più frenetico, lascia poco spazio alle serene discussioni. Il tempo è tiranno e non ci permette di perderci in ragionamenti e valutazioni con la necessaria calma. Occorre decidere e prendere posizione velocemente, non è concesso soffermarsi a soppesare le varie tesi magari contrapposte, che richiedono lunghe e complesse discussioni e riflessioni.

La conseguenza è che spesso si sposano tesi, seppur valutate con attenzione e magari elaborate da tecnici preparati e competenti, da difendere poi ad oltranza nei pochi minuti concesseci dalla frenesia della vita odierna. Manca proprio il tempo di approfondire gli argomenti come vorremmo e dovrebbe essere fatto. Ed ecco spiegata, ma solo in parte, la quantità  di errori e di guasti commessi a spese del supremo bene comune: l’Ambiente.

Evitiamo volutamente di parlare di quelli provocati dall’egoismo umano, dal malaffare, delle ingerenze della malavita organizzata, che ci riserviamo di approfondire con tempi e metodi appropriati, ci interessa per il momento iniziare a combattere tutto questo, cercando di capire cosa può fare il Potere Politico e cosa dobbiamo fare noi cittadini, per contenere prima e risolvere presto una situazione di pericolo che per troppo tempo abbiamo sottovalutato e trascurato.

Possiamo e dobbiamo fare qualcosa partendo dalle realtà  a noi più vicine, quelle locali: Quartieri, Città , Province e Regioni. Prendiamo coscienza della reale situazione, diciamo chiaramente al Potere Politico e alle Pubbliche Amministrazioni cosa ci aspettiamo da loro, diamoci da fare con l’esempio e pretendiamo che piani e programmi siano rispettati. Niente sconti per nessuno: se nel 2012 è stato stabilito che la raccolta differenziata deve raggiungere il 65%, nessuno deve pensare di trovare scuse o parlare già  fin d’ora di percentuali inferiori. Tutti dobbiamo impegnarci alla realizzazione degli obiettivi, senza tentennamenti e considerando risultati diversi un vergognoso fallimento personale.

Il direttivo di questo comitato si fa promotore di un segnale molto forte, quello che giunge con le tante segnalazioni e suggerimenti giornalmente su questo argomento, da quando chi ci segue ha capito di parlare con gente comune, che dedica un poco del suo tempo a cercare di sensibilizzare Forze Politiche e concittadini meno attenti ai comuni problemi:

no a colpi di mano per attuare provvedimenti d’emergenza, sull’onda lunga del disastro ambientale della Campania. La Liguria necessita si di provvedimenti urgenti in questo settore, ma non è nelle condizioni di dover accettare compromessi che si rivelerebbero domani troppo onerosi per l’ambiente e per la salute“.

Il successo della raccolta differenziata, fatta porta a porta, ha avuto successo solo dove è stata presentata e concordata con la cittadinanza attiva, le associazioni, i comitati e i cittadini sono stati informati correttamente, con parole semplici e ripetute con certosina ostinata costanza e molto tempo prima di metterla in pratica. Tempi e costi abbondantemente recuperati dopo con grande soddisfazione di tutti, compreso gli scettici che non mancano mai.

Per approfondire l’argomento vi segnaliamo un articolo che parla degli inceneritori, e un altro che parla invece delle API che muoiono. Cosa centrano le api con l’argomento rifiuti? Centrano “¦ Centrano “¦ , perché “noi uomini siamo i peggior nemici di noi stessi” e non vogliamo rendercene conto.

Da “ecoalfabeta.blogosfere.it ” – Dove finiscono i rifiuti – Incenerire, oh oh! Pubblicato da Marco Pagani in Impatto ambientale, inquinamento e rifiuti.

Chissà  perché gli inceneritori mi lasciano perplesso e non mi entusiasmano. Forse perché sembrano risolvere il problema dei rifiuti e invece semplicemente lo spostano. Mi spiego meglio; nell’inconscio di molte persone, bruciare i rifiuti significa farli sparire dalla vista e quindi distruggerli.

Se si pensa così, si dimentica di quello che il chimico Antoine Lavoisier affermava (già  nel 1785): “In una reazione chimica la somma dei pesi delle sostanze che reagiscono è uguale alla somma dei pesi e delle sostanze che si formano.”

I rifiuti non spariscono, non si distruggono, ma:

“una quota pari al 20-30% della massa iniziale (di rifiuti più aria) si trova sotto forma di scorie solide (ceneri) a cui occorre trovare sistemazione in discariche speciali, dal momento che a causa della combustione ad alta temperatura contengono molti composti tossici; come riferisce Iacuelli nel suo blog, l’ ASM di Brescia (l’inceneritore più all’avanguardia d’Italia), manda ogni giorno tre camion pieni di queste scorie in Germania.
“una quota del 3% di ceneri volanti; le più grosse vengono raccolte dai filtri. E le polveri sottili? PM10, PM2,5 e PM1 se ne vanno in giro per l’aria. Figuriamoci che oggi nessuno sa esattamente quale sia la concentrazione di PM1.
“il rimanente 67-77% è formato da composti gassosi volatili, tra cui ossido di carbonio, acido cloridrico, anidride solforosa (quella delle piogge acide), metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio) e diossine. Riferendo della sua visita all’impianto di Brescia, Iacuelli afferma che la temperatura mefida della griglia è troppo bassa per escludere la formazione di diossine.
Proporre l’incenerimento dei rifiuti (o termovalorizzazione che dir si voglia) come LA soluzione al problema è quindi quantomeno eccessivo.

Inoltre, come giustamente fa notare Federico Valerio, dal momento che nella combustione i rifiuti reagiscono con l’ aria, la massa totale dei prodotti della combustione (scorie,ceneri e gas) è maggiore della massa dei rifiuti solidi iniziale!

Vedi anche
Dove finiscono i rifiuti? /1 Differenziare non è ancora riciclare

Dove finiscono i rifiuti? /2 Meglio riusare che riciclare

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ape-al-lavoro10608.jpgTra le mie prime memorie d’infanzia occupa un posto speciale il ricordo di mio padre che si dedicava (non per lavoro, ma per passione) all’apicultura. Per questo ho sempre amato le api e mi addolora particolarmente scoprire che il nostro meraviglioso sviluppo industriale le sta uccidendo in massa. L’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e del Territorio) afferma che nel corso del 2007 sono morte tra il 30% e il 50% delle api italiane. “Morie simili sono avvenute anche in altri Stati Europei e in proporzione maggiore anche negli USA (dove si parla di Colony Collapse Disaster, CCD). Non sappiamo ancora esattamente perché le api muoiono (leggi sotto per avere alcuni indizi), ma non ci sono dubbi sul fatto che la responsabilità  è soprattutto nostra. L’APAT si preoccupa di quantificare il danno economico dato dalla morte delle api. La preoccupazione maggiore credo sia invece un’altra, e cioè, quanto potremmo vivere senza le api?
Wikipedia riporta una lista di 120 piante alimentari o da foraggio che vengono in tutto o in parte impollinate dalle api. Veniamo cosଠa sapere che: “l’impollinazione è essenziale per il kiwi, le noci brasiliane, le angurie, le zucche, gli zucchini, le noci di macadamia, i maracuja, il cacao e la vaniglia; “l’impollinazione è di grande importanza per i mirtilli, le more, i lamponi, le pere, le pesche, le mandorle, le ciliegie, le amarene, le albicocche, gli avocado, i mango, le mele, il cardamomo, i cetrioli, il coriandolo, le noci di cola, le rape e gli anacardi; “negli altri casi il contributo è più modesto, oppure non conosciuto.

Chi ci assicura poi che i danni alle api domestiche non si diffondano anche ad altri insetti impollinatori selvatici?

Il punto quindi non è tanto valutare il danno economico, ma comprendere, che in molti casi non esiste alternativa all’impollinazione degli insetti: non credo proprio che potremmo mandare gli economisti, i businnes managers e i pianificatori dello sviluppo a saltare da una pianta all’altra per trasportare il polline … . La morte delle api (questo non è spiegato dall’APAT e nemmeno da Repubblica che ha ripreso la notizia) non è diffusa in generale su tutta la popolazione, ma si concentra in particolari alveari portandoli all’estinzione. Gli alveari colpiti da CCD non hanno più api adulte (ma non si trovano nemmeno molte api morte vicino alla colonia) e presentano riserve di miele e polline che non vengono immediatamente “rubate” da altre api o altri parassiti.

Secondo l’APAT per questa improvvisa mortalità  esistono “forti responsabilità” dovute all’attività  antropica: inquinamento da fitofarmaci; inquinamento elettromagnetico (microonde) infezioni da virus e parassiti che attaccano la covata e gli adulti; cambiamenti climatici, con minore disponibilità  di “pascolo” e acqua.

La voce di wikipedia Colony Collapse Disaster riporta in modo piuttosto esauriente i risultati di diverse ricerche sul peso che hanno avuto i precedenti fattori nel determinare il disastro.
Il Sierra Club ritiene che anche le colture OGM possano avere un effetto negativo sulle api. La preoccupazione riguarda in particolare il mais transgenico di tipo BT. Il Bacillus thuringiensis potrebbe essere nocivo per le api oppure indebolire le loro difese immunitarie e la resistenza ai parassiti. La questione tuttavia rimane aperta.

Questo articolo è stato pubblicato il 04 Giu 2008 alle 06:50 ed è archiviato nelle categorie - Rifiuti: gestione e trattamento, Ambiente, Attualità, NEWS DA VARAZZE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi andare in fondo e lasciare un commento. Attualmente il pinging non è permesso.

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