Computer low cost a 75 dollari per i paesi in via di sviluppo

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Computer low cost a 75 dollari
destinati ai paesi in via di sviluppo

Riceviamo dal quotidiano d’approfondimento di tematiche ambientali “greenreport.it“ l’articolo che pubblichiamo, ritenendo possa interessare quanti leggono le nostre news.

Da Gates al Manifesto: sociale, nuove tecnologie… e un pò di fisica
di Alessandro Farulli

La speranza per un mondo più giusto socialmente passa dalle nuove tecnologie per i più poveri. Lo sostiene oggi Bill Gates su Repubblica ed è un punto di vista condiviso da molti studiosi e osservatori convinti che ““ usando le parole di mister Microsoft – «la tecnologia mette a disposizione un’istruzione superiore, e quindi nuove opportunità  economiche, a un numero sempre più alto di individui di qualsiasi paese».

Nicholas Negroponte fa parte di questa schiera ed è per questo che ha lanciato l’idea del pc low cost (75 dollari) destinato ai paesi in via di sviluppo. Va detto che il treno è oggettivamente in corsa e che questo processo di digitalizzazione globale vanta numeri piuttosto significativi. L’India è forse il continente più avanti da questo punto di vista, ma i paesi sudamericani non stanno certo a guardare e neppure l’Africa.

I computer e internet hanno, e stanno, cambiando il mondo e forse ha ragione sempre Gates quando afferma che «il loro impatto sarà  di gran lunga più sensazionale di qualsiasi innovazione a cui abbiamo assistito fino ad oggi». Una prima, forse un po’ grossolana, osservazione è però che, parallelamente a questo mondo lanciato nell’hi tech (telefonini compresi), ce né un altro che ancora arranca su problemi meno digitali e più analogici.

Pensiamo alla malnutrizione dei bambini che ha ancora numeri insostenibili sul pianeta (vedi Manifesto di oggi). Oppure a quei 26mila che muoiono ogni giorno a causa di malattie infettive altrove già  debellate, oppure per mancanza di igiene (Rapporto Unicef 2008).

Milioni di bambini che per (o prima) di imparare ad usare un pc avrebbero bisogno di riempirsi la pancia. Una semplificazione forse ma che serve per non dimenticare che ancora oggi il mondo viaggia a due velocità . Al sud più che al nord del mondo, ma con divisioni tra ricchi e poveri sempre più nette.

Una seconda meno superficiale osservazione è che il digital divide non è più solo un problema di accesso, ma taglia anche la società  in due pure tra chi economicamente non ha problemi, ma non sa proprio usare il pc. Un problema ““ è certamente vero – che sarà  forse superato in un prossimo futuro grazie alla velocità  di apprendimento che hanno invece i bambini di oggi.

Segnala infatti il Manifesto di oggi che già  a 2 anni sono in grado di usare il mouse e navigare con i genitori e a 6 ““ appresi i primi rudimenti della lettura ““ raggiungono l’autonomia. Che poi diventerà  totale indipendenza crescendo e non volendo più condividere con babbo e mamma le “scoperte” fatte dentro la scatola grigia.

Nessuna contraddizione, dunque, tra il ritenere che il mondo sarà  sempre più digitalizzato e che grazie a questo chi sarà  più formato ““ quale che sia il luogo di nascita ““ avrà  più chance nella vita lavorativa.

Ma siamo sicuri che la formazione sia uguale da tutte le parti? Crediamo che sia qui, o soprattutto qui, che si giocherà  gran parte di questa battaglia. Con un pc low cost e nessuna istruzione di livello si possono abbattere le differenze? Qualche dubbio lo abbiamo oltre al fatto che stiamo parlando di una macchina che è fatta di materia e che consuma energia.

Nessun, passateci i neologismi, “material divide” (scarsità  di materia) o “energy divide” (scarsità  di energia) possiamo affermare esista nel mondo? Siamo anche noi convinti che, citiamo sempre Bill Gates, «Le innovazioni nel campo del software e delle tecnologie possano contribuire a rafforzare l’assistenza sanitaria, proteggere l’ambiente, migliorare l’istruzione e ampliare le opportunità  sociali ed economiche», ma si tratta di un percorso che andrebbe governato per evitare accelerazioni che rischiano di mandare in fumo anche le migliori delle iniziative possibili.

Pensiamo solo a quanto è accaduto in Italia con internet che quando “˜atterrò’ nel nostro paese vide un flusso incredibile di investimenti che ““ prendiamo il caso dei primi giornali on line ““ si rivelò ben presto un “˜bagno di sangue.

Fino a quando il prezzo dell’accesso alla rete non è stato drasticamente abbassato, di gran lunga velocizzato, nonché migliorata la scelta dei contenuti, la rete delle reti in Italia ha rischiato il tracollo. Il mondo a due velocità  resta il punto debole della rivoluzione digitale e cosଠla fede cieca nella ricerca di una soluzione a dinamiche complesse come quelle relative alla sostenibilità  sociale e ambientale. Che in questo caso devono anche imporre un’ulteriore riflessione su software e hardware.

Il software (anche quello libero o a basso costo) sembra un’entità  astratta, ma ha bisogno di una macchina che lo faccia “˜girare’ che a sua volta ha bisogno di energia per lavorare. Questo processo lo si può rendere (in futuro) il più ambientalmente sostenibile con bassi consumi energetici, plastica riciclata del rivestimento del pc e cosଠschede integrate fatte di fibre magari vegetali, ma il pasto non sarà  mai gratis. Lo insegna la fisica.

Questo articolo è stato pubblicato il 25 Gen 2008 alle 22:38 ed è archiviato nelle categorie Attualità, NEWS DA VARAZZE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi andare in fondo e lasciare un commento. Attualmente il pinging non è permesso.

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