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8 Novembre 2006

Padre Lorenzo Piazza – Missionario e Martire in terra d’Africa

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PonentevazzinoNews

Varazze, 8.11.2006.                                   Home page

plorenzo-piazza.jpgPadre Lorenzo Piazza

Nato a Varazze il 14 agosto 1915 morto da missionario e martire a Rungu (R. D. Congo) l’1 dicembre 1964 a 49 anni.

Il Comitato di quartiere vuole, con questa raccolta di scritti, pubblicazioni e fotografie (grazie al prezioso aiuto e collaborazione di Suor Giuseppina Piazza e Angelo Regazzoni), rendere omaggio alla memoria dell’illustre concittadino, in occasione del prossimo quarantaduesimo anniversario del suo martirio in terra d’Africa, dove la vocazione e il desiderio di mettersi al servizio dei bisognosi e dei più poveri lo ha portato.Le testimonianze che seguono sono state tratte dal libro di padre Lorenzo Gaiga, Edizioni Missionari Comboniani: Martire per L’Africa – Novastampa di Verona, novembre 1983.

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Vocazione, martirio e diario spirituale di padre Lorenzo Piazza.

Presentazione di Gio Battista Parodi Vescovo già  di Savona e Noli.

Savona, 28 ottobre 1983.

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Ho letto con molta commozione questo diario spirituale, lasciato dal P. Lorenzo Piazza e custodito religiosamente dai congiunti. Sono annotazioni rapide, nelle quali il nostro seminarista Piazza negli anni decisivi degli studi liceali e del primo anno di teologia fissava il delinearsi e il maturare lento, contrastato e sofferto della sua vocazione missionaria.

Da queste annotazioni, assolutamente sincere e prive di retorica, traspare una religiosità  intensa e un impegno costante di crescita spirituale: gli esercizi spirituali sono per lui momenti privilegiati di intimità  con Dio e su di loro egli si diffonde con maggiore insistenza.

In Piazza, come lo abbiamo conosciuto nei lunghi anni di permanenza nel nostro Seminario, appariva come un temperamento gioviale, sorridente, faceto; ma dal diario appare un aspetto più profondo del suo animo: la sua capacità  di soffrire, di lottare, di vincersi per realizzare una vocazione di dedizione e di servizio per i fratelli più poveri e più lontani.

E’ per noi consolante pensare che nel nostro Seminario in anni non molto lontani sia maturata questa grande vocazione.

I pensieri che potrebbero essere “i suoi pensieri”

varazze1963.jpgL’amore per la mamma fu per padre Lorenzo una “tentazione” terribile. Ad un certo momento ““ lo abbiamo letto tra le righe ““ padre Lorenzo si trovò di fronte ad un’alternativa: assistere la mamma ammalata, rinunciando alla missione, o partire passando sopra alla pietà  filiale o addirittura non facendo caso al quarto comandamento che ordina di onorare il padre e la madre?

Infine il precetto di Cristo “chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me” ebbe il sopravvento. E la sua vocazione missionaria fu salva, dandogli la possibilità  di coronare la vita con il martirio.

Un intimo amico di padre Piazza, padre Luigi Crotti, che era a conoscenza del dramma che si svolgeva nell’anima del confratello, quando seppe della morte di costui, scrisse una poesia che poteva riflettere i sentimenti del martire nella circostanza della morte:

Non attendermi più

Ho smarrito il sentiero
Nel bosco
Mi ha sorpreso la notte.
Perdonami, mamma,
se non ritorno da te.
Non attendermi più”¦
Lo so.
Ti ho fatto attendere invano.
Hai consunto in angoscia
L’ultima stilla d’olio
Per me.
Mamma,ti prego, chiudi la porta
E vai a dormire.
Non attendermi più”¦
Ho trovato il mio letto
Nel bosco
Per passare la notte.
Una gelida mano
Mi ha disteso sul corpo
Una coltre
lunga, lunga,
come l’onda del fiume
che scende fino al mare
e non termina più”¦
Ora è il mio turno
L’attesa
Per l’incontro finale
Là , dove
Non ci lasceremo mai più.
Ma ora chiudi la porta
E vai a dormire;
io ti attendo lassù”…

 cartina-del-sudan.jpgFinalmente in Africa – Nel 1955 padre Lorenzo partì per l’Africa. Nel suo animo si scatenò una lotta tremenda perché la mamma non voleva dargli il permesso di partire e la benedizione. In una lettera datata 3 ottobre 1954 padre Lorenzo dice: “Il parroco mi condusse a casa, parlò alla mamma, la quale ebbe un collasso e piangendo ripeteva che sarebbe morta alla mia partenza””¦ Finalmente, dopo settimane di incertezza per la salute malferma della mamma, l’ideale missionario gli brillò più vivo che mai. Il mattino del 27 dicembre 1954 celebrò la messa per il babbo defunto. La sera stessa partଠper Roma, dove trovò un giovane padre che lo confortò e gli ridiede il buon umore. Con le lacrime agli occhi, padre Lorenzo era fuggito e sua madre lo aveva inseguito fino a Roma per fare un ultimo tentativo di trattenerlo. Quando vi giunse, l’aereo, con a bordo suo figlio, era partito da pochi minuti per Khartum.

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Il caratteristico volto di padre Lorenzo, apparentemente duro e pensoso, rispecchia la lotta che ha sostenuto per essere fedele alla sua vocazione missionaria.

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Sulla strada tra Yubu e Naandi (Sudan meridionale) 1955.
Incidente con la famosa Chevrolet . Padre Lorenzo è il primo a sinistra. Per i tanti malati di lebbra del Sudan padre Lorenzo ebbe una predilezione tutta particolare.

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Upoi 1958. Padre Lorenzo annota:
“Un gruppetto di ragazzi mi venne incontro, e frugai con l’occhio su ogni parte del loro corpo: nulla che rivelasse il morbo, tutto regolare” accetto quello che in tutto il mondo e, direi, particolarmente in Africa, caratterizza il “ragazzo”: la sua vivacità  e la sua spontaneità. I “miei” (ho detto loro che d’ora innanzi li chiamerò così) piccoli lebbrosi sono tristi, non giocano, non ti si avvicinano con due occhi grossi”.

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Yambio 1959.
Padre Lorenzo con un bel gruppo di Cristiani.

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Ezo 1962.
Padre Lorenzo amministra il Battesimo.

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Padre Lorenzo, soprattutto sapeva farsi piccolo con i piccoli.Per estinguere la loro “eterna” fame si faceva in quattro.

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Rungu 1971.
Fratel Carlo Mosca (con gli occhiali) è tornato sul ponte del Bomokandi dove venne “fucilato” e dove furono uccisi padre Piazza e gli altri.
Frate Carlo è il testimone del loro martirio.

Riportiamo un articolo di padre Lorenzo Gaiga, autore del libro sopra citato, e che ne rappresenta un esauriente condensato (http://www.comboni.org/cont/IT/10069/100133)

img1.jpgP. Lorenzo Piazza (1964) Rungu (Congo) 1 dicembre 1964 – anni 49. Realizzò la sua vocazione a prezzo di lacrime amarissime: Amò la poesia e i lebbrosi. A undici anni profetizzò il suo martirio. Varazze (SV – Italia)Rungu (R. D. Congo). Era nato a Varazze (Savona) il 14 agosto 1915 da un capitano della marina mercantile; e perciò crebbe sotto l’educazione materna. Egli stesso dichiarò che la prima idea delle missioni gli venne a undici anni, nella festa della S. Infanzia, e fu suscitata dalla recita della poesia “Il piccolo missionario alla mamma”. E la mamma non ha potuto fare a meno di ricordare, alla notizia della sua morte, il finale di quella poesia: “Non piangere se un giorno una corona vedessi insanguinata! T’avrà  fatta il Signor, perché sei buona, d’un martire la madre avventurata”.

Non ho più lacrime

Dopo aver fatto il ginnasio, il liceo e il primo anno di teologia nel seminario di Savona, Lorenzo, superate lunghe e notevoli difficoltà  familiari, entrò nel Noviziato di Vengono (VA) il 29 ottobre 1936. L’anno seguente perdette il padre, e sei anni dopo, 1″²8 settembre 1943, anche l’unico fratello, perito nell’affondamento della corazzata Roma presso l’isola della Maddalena, ad opera dei tedeschi.

Così la mamma resterà  completamente sola: non avrà  più nessuno a per di più si troverà  sofferente. Lorenzo, sacerdote da tre anni, si precipiterà  a Savona con il cuore in tumulto. “Lorenzo, mi resti solo tu, ora!”«Mamma” il Signore”», ma non riuscirà  a dire altro e ripartirà  per l’istituto comboniano.

A me piace Teofano

Padre Lorenzo rideva raramente: un velo di malinconia circondava sempre il suo volto.
Alla professione religiosa aggiunse al suo nome quello di Teofano, in onore del beato Teofano Vénard, morto martire nel Tonchino nel 1861. Fu ordinato sacerdote a Verona il 9 giugno 1940.

La guerra lo bloccò in Italia, e per quattordici anni fu assegnato all’insegnamento nelle Scuole Apostoliche di Rebbio (1940-43), Crema (1943-47), Brescia (1947-53) e Trento (1953-54). Nel 1953 ottenne la laurea di magistero presso l’Università  Cattolica di Milano, con una tesi sull’arte degli Azande, un popolo meraviglioso dell’Africa centrale”¦ quel popolo che qualche anno più tardi sarebbe diventato il suo.
Dedicò la tesi “a tutti i missionari che hanno scelto o sceglieranno come patria di adozione gli Azande”.

Di là  non mi manderanno via

Nel 1955 partì per l’Africa. Nel suo animo si scatenò una lotta tremenda perché la mamma non voleva dargli il permesso di partire e la benedizione. «Il parroco mi condusse a casa, parlò alla mamma, la quale ebbe un collasso e piangendo ripeteva che sarebbe morta alla mia partenza»”. La malattia della mamma fece ritardare la partenza di Lorenzo.

Era stato destinato alla Prefettura di Mupoi (Sudan). Partଠda Roma sereno e contento; e l’Africa lo riempi subito di rosee speranze. Da bordo del “Fatima” scriveva: «Il viaggio in aereo mi diede l’impressione di una mano potente, divina, che mi sollevasse e mi deponesse in una terra già  a me nota nel pensiero e nell’affetto”¦ A Khartoum celebrai per mio padre. Subito dopo il Fatima ci offriva ospitalità “. Abbiamo Gesù con noi. Cosଠpossiamo fare la visita e durante il giorno salutarlo”. Morale altissimo». E da Mupoi: «Sono contento e godo una serenità  di spirito che non mi sarei immaginato”. L’Africa mi ha fatto rinascere».

A Mupoi fu incaricato della scuola artigiana, e quindi della Procura, e commentava: «Purtroppo sono procuratore. Avrei desiderato tanto avere la mia cristianità  da curare, i miei catecumeni da istruire, i malati da consolare, e tutto quanto significa apostolato da svolgere. Invece, conti e conti” e ogni tanto un po’ di malaria”. Ma sono contento lo stesso; vivo assaporando giorno per giorno la gioia della mia vocazione». Benché fosse di salute un po’ delicata, si adattò bene al suo ufficio. Di animo gentile, sapeva comprendere i desideri dei Confratelli e per quanto gli era possibile accontentava tutti.

Fu proprio l’ufficio di procuratore che gli causò notevoli disturbi di salute, che invano cercò di nascondere per due mesi. In conseguenza, peregrinò da un ospedale all’altro in cerca della natura del male e della cura: Yubu, Li Rangu, Wau, Paulis nel Congo e finalmente Asmara (Eritrea). Chiusa questa parentesi riprese il suo lavoro a Rimenze, dove fu addetto al ministero e alla tipografia che la Prefettura aveva acquistata e di cui egli si era già  occupato quando provvisoriamente era rimasto a Mupoi.

Nel 1958 passò a Yambio. Vi restò per tre anni, vivendo per un po’ di tempo in compagnia di P. Armani. Gli ultimi due anni di apostolato in terra zande li svolse a Ezo, proprio ai confini del Congo. Là  padre Lorenzo esercitò il suo ministero tra i lebbrosi; è commovente la lettera nella quale racconta il suo primo incontro con questi malati.

«Domenica ebbi il primo incontro con i lebbrosi, era un mattino radioso. Una novantina: uomini, donne, giovani d’ambo i sessi”¦ creature, per una buona parte, di un’età  che, sebbene la lebbra tentasse alterare, tuttavia appariva ricca di energie fisiche. Avevo già  avuto un incontro con i diseredati della società , anche se questa è primitiva e selvaggia, il giorno di Pasqua quando monsignor Ferrara distribuiva la santa Comunione. In mezzo al numero stragrande di alunni e alunne della nostra scuola di Mupoi, trovarono il loro posto alla mensa di Gesù alcuni lebbrosi che durante le funzioni erano rimasti appartati.

Grande e bella la fede cattolica che offre il Cibo dell’anima senza alcuna restrizione legislativa o imposizione umana! Tutti, nessuno escluso, hanno il loro posto a questa mensa divina: tutti, anche i lebbrosi! Ma fu come una folata che m’investà e mi circondò con un sogghigno beffardo, quasi mi gridasse: “Ecco il frutto dei tuoi peccati”. Furono minuti di ribellione, di nausea, mentre l’occhio mi si posava su di un giovane chiazzato di giallo nelle ginocchia, negli avambracci che terminavano in due moncherini, mentre osservavo il viso dall’espressione contorta, i suoi stessi occhi che imploravano pietà  agli uomini e chiedevano, sereni, rassegnazione al Martire del Golgota. Mi ricomposi nelle mie sensazioni olfattive dopo che già  monsignore era ritornato all’altare e io con lui.

Quel giorno mi definii un essere debole, vile, traditore della mia stessa vocazione, tanto lontano dal gesto di san Francesco che baciò il lebbroso. Fu un rimuginare, una lotta intima e cruda, una visione di sconfitta ma, debbo dirlo, anche di rivincita. Dopo tutto, anche il re della foresta, il leone, sulla soglia della capanna di un lebbroso non muove passo; annusa, appunta lo sguardo felino, dà  in un gesto di ribrezzo e si ritrae nauseato; quel puzzo gli ripugna”, rigetta la preda».

Il giorno più triste

Nel 1963 fu espulso dal Sudan insieme agli altri missionari, e quello per lui fu il giorno più triste della sua vita. Non valsero la gioia e gli abbracci di sua madre a confortarlo per cui, dopo qualche mese di permanenza in Italia, chiese di andare nel Congo. Partà con il primo gruppo di comboniani diretti a Rungu. Trovò la cristianità  che desiderava; e da Rungu non si è fatto “mandar via”. Anzi proprio per salvare il suo gregge offrଠspontaneamente, insieme ai suoi Confratelli e agli altri missionari, la propria vita. Qualche mese dopo, la mamma riceveva una lunga lettera di una suora belga: «Salzinnes 7 maggio 1965.

Carissima sig.ra Piazza, carissima mamma del nostro caro padre Lorenzo, il fratello Carlo Mosca vi spedirà  questa lettera, io non vi ho scritto perché non conosco il vostro indirizzo e perché non so se avete qualcuno che traduce il francese; ma ora so che fratello Carlo lo potrà  fare. Casa signora, il buon Dio vi ha chiesto un terribile sacrificio prendendovi vostro figlio; io ebbi la grande grazia di conoscerlo da vicino e di lavorare con lui per un anno: era un santo sacerdote, un santo missionario, un santo fratello per me e per tutti. Grazie a lui e ai suoi compagni, i padri Antonio ed Evaristo e il fratello Carlo, la nostra missione di Rungu ha progredito in un anno più che non l’avesse fatto in molti anni.

Questi santi missionari hanno veramente cambiato il volto della missione. Il padre Lorenzo, particolarmente, aveva un enorme influsso sull’ambiente della scuola. I maestri e le maestre gli erano molto attaccati, e gli scolari e le scolare avevano tanta confidenza in lui. Molti gli sono obbligati per aver trovato il vero cammino dell’amore di Dio e aver conservato la loro purezza di fanciulli in grazia.

Io stessa, cara mamma, ho potuto apprezzare la semplicità  e il fervore del suo cuore, durante le nostre conversazioni. Sia per le guide e per le esploratrici di cui ci occupiamo insieme, sia per me stessa e i bisogni della mia anima, l’ho trovato sempre perfetto. Alla fine di giugno del 1964, avevamo fatto un campeggio con le guide, a 25 chilometri da Rungu, a Nangazizi; forse ve l’avrà  anche scritto. Allora siamo vissuti molto vicini l’un l’altro, mangiando alla stessa tavola: che bei giorni!”.

Dal 20 agosto, quando i ribelli sono arrivati a Rungu, è venuto presso di noi tutti i giorni per avere notizie e confortarci”. Il primo giorno in cui arrivarono i ribelli, venne a trovarmi nella sacrestia per dirmi: “Suor Marie Bernarde, in alto i cuori, sursum corda!”Poi siamo scappati tutti, missionari e suore, nel bosco dove ci si sentiva più sicuri. Il 28 novembre noi quattro suore ci siamo ricongiunte ai missionari, dai quali eravamo separate. La domenica 29 il padre Lorenzo ha celebrato la messa per noi e per qualche abitante del villaggio”.

Il 30 novembre, prima di uscire dal bosco per la prima volta, mi confessai da lui: egli mi parlò della confidenza con parole convinte che non dimenticherò mai. Il 1° dicembre dovemmo arrenderci. Io lo seguivo sul sentiero che andava alla missione: gli richiamai le sue stesse parole sulla confidenza in Dio. Egli mi guardò profondamente, come sapeva fare, senza dire una parola: sono sicura che il suo sacrificio era compiuto”. Mamma, io vi abbraccio con tutto il cuore, come voi potreste abbracciarlo, e vi assicuro che mai una volta io penso al caro e santo padre Lorenzo senza pensare a voi».

p.  Lorenzo Gaiga

articolo-secolo-xix.jpgPer concludere questo nostro contributo alla memoria di padre Lorenzo Piazza, abbiamo voluto riportare un’immagine dell’articolo apparso sul Secolo XIX dell’1 dicembre 2004 a firma Angelo regazzoni, che ha voluto ricordare il nostro concittadino in occasione della ricorrenza dei quaranta anni trascorsi dal giorno del martirio, avvenuto in terra Africana.
Gli abitanti di San Nazario, quartiere dell’estremo ponente varazzino, ricorderanno sempre il sacrificio del proprio concittadino: padre Lorenzo Piazza.

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